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Lettera all’editore su “Una teoria sul dolore cronico lombare: le lesioni dei legamenti al di sotto del punto di cedimento comportano una disfunzione nel controllo muscolare” (M. Panjabi)

Articolo originale:
R.Schleip, A.Vleeming, F.Lehmann-Horn, W.Klinger, Letter to the Editor concerning “A hypothesis of chronic back pain: ligament subfailure injuries lead to muscle control dysfunction” (M. Panjabi), Eur Spine J. 2007 Oct;16(10):1733-5; author reply 1736.

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In sintesi

In questo articolo Panjabi fornisce un conciso quadro generale sulle attuali conoscenze nel campo del dolore lombare e cervicale. Egli suggerisce l’ipotesi che il dolore lombare cronico sia causato dalle lesioni sotto il punto di cedimento interessanti tre tipi di strutture legamentose vertebrali e i loro meccanorecettori incapsulati: precisamente i legamenti vertebrali, l’anello discale e le capsule delle faccette. Questi tessuti lesionati trasmettono allora segnali trasduttori alterati all’unità di controllo neuromuscolare e di conseguenza vengono elaborati modelli di risposta muscolare altrettanto alterati, i quali causano conseguenze negative come maggiori tensioni, affaticamento muscolare, ulteriori lesioni e infiammazione.

Nel prestare minore attenzione al processo centrale di apprendimento coinvolto nel dolore cronico lombare, questo modello si focalizza sui meccanismi strutturali dell’origine del dolore. Noi apprezziamo il valore della teoria all’interno di questo campo strutturale e siamo ottimisti per quanto riguarda la sua applicazione con successo nella comprensione e nel trattamento di molti casi di dolore lombare. Nel concordare sulla teoria fondamentale e la sua attenzione alla funzione trasduttrice (meccano-sensoriale) dei tessuti legamentosi, suggeriamo di perfezionare il modello dal punto di vista dell’inclusione della fascia toracico-lombare (TLF). Presentiamo la prova che la TLF è significativamente coinvolta in tutti e tre i livelli della teoria riguardante le strutture legamentose vertebrali: la funzione trasduttrice di questi tessuti, la loro funzione vertebrale strutturale e il loro essere soggetti a lesioni sotto il punto di cedimento.

Funzione trasduttrice della TLF

Molti studi hanno evidenziato la presenza di recettori meccanosensori nella fascia. In particolare è stata dimostrata la presenza di corpuscoli di Ruffini e di Vater-Pacini nella TLF. Lo stesso tipo di meccanorecettori è stata riscontrato nelle strutture legamentose vertebrali menzionate dall’autore, ed è probabile che questi recettori fasciali possano avere uno scopo simile, cioè essi sono coinvolti in una funzione trasduttrice neurosensoriale come è stato dimostrato da ricerche che hanno utilizzato la stimolazione dei meccanorecettori fasciali nei gatti. Certamente, dato che la maggior parte delle strutture legamentose vertebrali sono localizzate relativamente vicino all’asse dei movimenti spinali, esse si trovano in una posizione meno favorevole per quanto riguarda l’analisi accurata di piccoli carichi o di cambiamenti di posizione; questo in confronto alla TLF che è posizionata alla distanza più lontana possibile e quindi in una posizione più adeguata a questo scopo di studio (Fig. 1). 

Figura 1: Le strutture legamentose considerate da Panjabi, completate con l’inclusione della fascia toracico-lombare (TLF). Nero e grigio scuro: le strutture legamentose spinali già incluse nella teoria; per esempio anello discale (DA), capsule delle faccette (FC), e legamenti spinali (SL) che connettono i corpi vertebrali, gli archi e i loro processi sulle vertebre adiacenti. Bianco : la TLF, di cui si è proposta l’inclusione nella presente lettera e che consiste di uno strato posteriore (P-TLF) che ricopre l’erettore spinale (ES), di uno strato intermedio (M-TLF) sul lato posteriore del quadrato lombare (QL) e di uno strato anteriore (A-TLF) sul lato anteriore del QL e sul lato posteriore dello psoas (PS). Anche il legamento sovraspinoso (SSL) è formato dalla TLF. Nota. Assi dei movimenti spinali generalmente attraversano l’area centrale tra DA ed entrambe FC, inclusi i loro rispettivi contorni. Le strutture TLF, dunque, tendono ad avere una maggiore distanza dagli assi dei movimenti spinali rispetto alle strutture vertebrali legamentose.

Si potrebbe obiettare che il legamento sopraspinoso, che collega le estremità dei processi spinosi, è allo stesso modo ben posizionato. E infatti, tuttavia, questo potrebbe anche essere considerato come un ulteriore supporto al nostro suggerimento, dato che questo legamento è formato da un inserimento locale della TLF (sotto al processo spinoso della L4, il legamento sopraspinoso cessa persino di esistere in molte persone, sostituito da una fibra diagonale che attraversa la TLF).

Dato che la rigidità della TLF può essere corretta da cambiamenti nel tono muscolare, per esempio dal trasverso dell’addome, questo servomeccanismo fornisce un ulteriore vantaggio a questo importante tessuto dorsale: la capacità di una regolazione precisa dei suoi meccanorecettori su una vasta gamma di movimenti vertebrali. Tale meccanismo di regolazione non è conosciuto in riferimento alle strutture vertebrali legamentose menzionate da Panjabi.

 

Funzione strutturale della TLF 

Studi anatomici dimostrano che i diversi strati della TLF costituiscono un sistema integrato sofisticato per la trasmissione della tensione. L’allineamento delle fibre di collagene rivela la direzione della funzione che porta il carico ed è la base per il trasferimento effettivo del carico dalla colonna alla pelvi, alle gambe e alle braccia. E’ stato dimostrato che la rigidità tensionale dei diversi strati della TLF influenza la stabilità vertebrale, per esempio nel resistere alla flessione o all’estensione vertebrali. Questo viene esemplificato dall’orientamento antero-posteriore delle fibre del legamento interspinoso, che sembra riflettere la sua funzione primaria di trasmettitore della tensione della TLF, piuttosto che semplicemente di tenuta diretta contro la flessione vertebrale.

 

Lesioni sotto il punto di cedimento della TLF

Poiché la fascia – come i legamenti – ha un apporto di sangue molto meno abbondante dei muscoli, ci si potrebbe aspettare che guarisca lentamente come i legamenti e che perciò faciliti l’insorgere del dolore lombare più facilmente rispetto ai muscoli lesionati. La deformazione da scorrimento in conseguenza di una flessione lombare prolungata è stata descritta per le strutture legamentose vertebrali incluse nella teoria. Dato che la TLF presenta una minore rigidità rispetto ai legamenti ed è inoltre posizionata molto più in là dell’asse della flessione vertebrale, ci si potrebbe aspettare che sia soggetta almeno a stimoli di deformazione simili. Allo stesso modo, ci si può aspettare che le lesioni sotto il punto di cedimento dovute a prolungate estensioni dei tessuti avvengano nella TLF così comunemente, o anche più spesso, rispetto ai legamenti vertebrali. Indubbiamente, questa considerazione è avallata dalla frequente presenza di gruppi di mio-fibroblasti– cellule comunemente associate a una funzione riparatrice dei tessuti- nelle fasce muscolari come la fascia lata, la fascia plantare e la TLF.

Noi suggeriamo dunque che la TLF dovrebbe essere inclusa come un elemento aggiuntivo – oltre alle strutture legamentose spinali considerate dall’autore – nel nuovo modello esplicativo del dolore lombare cronico proposto nell’articolo. Sebbene la fascia sia stata trascurata nella ricerca sul dolore lombare negli ultimi decenni, questa inclusione fornirà una base per ulteriori studi e nuove direzioni terapeutiche in applicazione della nuova teoria.

Certamente, questa speranza può essere prontamente illustrata da due esempi: recenti studi basati su sezioni tissutali di 32 corpi adulti hanno rivelato una densità media più alta di mio-fibroblasti nella TLF lombare (confrontata con altre fasce, come la fascia lata o la fascia plantare), densità indice di un’alta presenza di lesioni sotto il punto di cedimento. Inoltre, un esame istologico della TLF in 24 pazienti affetti da dolore lombare cronico ha evidenziato un’impressionante assenza dei meccanorecettori che normalmente si trovano in questo tessuto. Entrambi i risultati ben si adattano alla teoria suggerita da Panjabi, dato il nostro suggerimento di includere la TLF.

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