Efficacia del trattamento osteopatico nelle patologie muscolo-scheletriche dell’arto superiore

a cura di: Brunetti Filippo, Cassetti Ilaria, Maino Rosamaria, Perduri Riccardo, Rabitti Pietro, Ricciardi Sara, Roncaglia Federica

Scarica l’articolo in formato .pdf

 

> Introduzione

I disturbi dell’arto superiore sono fra i più frequenti problemi per cui il paziente si rivolge all’osteopata. Negli ultimi 10 anni le malattie muscolo-scheletriche dell’arto superiore hanno ricevuto una crescente attenzione a motivo della loro crescente diffusione.

In alcune realtà lavorative, a causa della natura delle lavorazioni stesse, l’arto superiore viene ripetutamente sottoposto a sovraccarico biomeccanico;  in letteratura non sono presenti dati circa l’effetto del trattamento osteopatico applicato in un contesto industriale.

Ci è parso interessante studiare l’efficacia del trattamento osteopatico in lavoratori esposti a rischio da sovraccarico biomeccanico degli arti superiori (SBAS) con sintomatologia già conclamata.

 

> Scopo

È stato condotto uno studio clinico non randomizzato non controllato con l’obiettivo di studiare l’efficacia del trattamento osteopatico sulla qualità di vita, di salute e di lavoro in un gruppo selezionato di lavoratori affetti da disturbi dell’arto superiore ed esposti a rischio da sovraccarico biomeccanico in INALCA S.p.A. (azienda leader in Italia nella macellazione, trasformazione e commercializzazione di carni bovine).

La sperimentazione è stata condotta in tre diverse annate (2011, 2013 e 2015), da studenti del 6° anno del corso part-time del CIO di Bologna.

L’ipotesi che si intendeva verificare era se dopo il trattamento osteopatico ci fossero dei miglioramenti statisticamente significativi nel gruppo dei lavoratori/pazienti trattati.

 

Gli obiettivi secondari del presente lavoro erano:

  • il confronto dei dati delle tre edizioni (per verificare l’ipotesi che non ci siano differenze da un’annata all’altra);
  • lo studio di una eventuale associazione dei risultati del trattamento osteopatico con i fattori anagrafici dei pazienti (età, sesso, anzianità lavorativa, reparto).

 

> Materiali e metodi

Lo studio ha coinvolto alcuni dipendenti di due reparti con rischio di SBAS dello stabilimento di Castelvetro di INALCA: reparto confezionamento hamburger e reparto disosso/sottovuoto. Tutti i pazienti sono stati selezionati dal medico competente di INALCA come portatori di disturbi muscolo-scheletrici agli arti superiori.

La popolazione complessiva era di 97 pazienti: nel 2011 n°30 pazienti femmine (F) del reparto confezionamento hamburger, nel 2013 n°32 pazienti F del reparto confezionamento hamburger, nel 2015 n°7 pazienti maschi (M) e n°28 pazienti F del reparto confezionamento hamburger (n°23 F) e disosso/sottovuoto (n°7 M e 5F).

Nei 35 pazienti del 2015 l’età media era 42,1 anni (range: 26-60 anni) e l’anzianità lavorativa media nella mansione a rischio era di 15,4 anni. Nelle annate 2011 e 2013 non sono stati registrati i dati anagrafici dei pazienti.

Ogni anno i trattamenti osteopatici sono stati condotti da 5-6 operatori, che hanno lavorato sugli stessi pazienti per tutta la durata del trattamento. Ogni trattamento consisteva di 8 sedute settimanali da 45-60 minuti, per 8 settimane consecutive. In prima e ultima seduta sono state registrate dall’operatore le disfunzioni osteopatiche di arti superiori e rachide cervicale e dorsale alto. Inoltre in prima ed ultima seduta sono state compilate dai pazienti due schede di rilevazione: il questionario DASH ed il questionario SF-36.

 

> Risultati

 

1) Disfunzioni osteopatiche

 

a) Il test T di Student ha evidenziato che in quasi tutti i distretti anatomici (19 sui 25 registrati) sono emersi miglioramenti statisticamente significativi dopo il trattamento osteopatico (p<0,05).

 

 

b) Il test di ANOVA sulle disfunzioni osteopatiche riscontrate nelle varie annate di studio ha evidenziato per alcuni distretti delle differenze tra un anno e l’altro. Trattandosi di disfunzioni osteopatiche, è possibile che effettivamente nei pazienti di un’annata ci fosse una prevalenza maggiore di una disfunzione in un particolare distretto anatomico piuttosto che in un altro.

Tuttavia scopo del presente lavoro non è studiare la prevalenza di disfunzioni, bensì studiare l’effetto del trattamento osteopatico.

Comunque l’ANOVA applicata alla variabile Δ (differenza della media delle disfunzioni dopo il trattamento e la media delle disfunzioni prima del trattamento) non indica differenze statisticamente significative tra i vari anni. Dunque in ogni annata di studio si è ottenuto un miglioramento generale delle disfunzioni osteopatiche analogo alle altre annate.

 

c) È stato applicato un modello di regressione lineare per verificare se il miglioramento dopo il trattamento fosse correlato a variabili indipendenti quali l’operatore oppure correlato alle variabili anagrafiche di sesso, età, anzianità lavorativa e reparto.

 

Abbiamo potuto applicare questa elaborazione solo alla sottopopolazione dei 35 pazienti del 2015 perché le variabili anagrafiche e la differenziazione fra operatori non erano state registrate nelle annate precedenti.

Per il fattore “operatore”, il modello ha fornito un valore p di 0,26: ciò indica che non c’è differenza tra un operatore e l’altro.

Per i fattori anagrafici, abbiamo prima applicato un modello di regressione lineare semplice poi un modello multivariato. Non sono emerse associazioni significative per le variabili sesso, età ed anzianità lavorativa. È invece emerso un p significativo di 0,03 per la variabile “reparto”, con risultati migliori nel reparto disosso rispetto al reparto hamburger. Tale associazione è però emersa solo nel modello di regressione semplice. Dal momento che il valore R2 di 0,11 indica uno scarso fitting del modello e che la p non sia significativa nel modello multivariato, non consente di trarre conclusioni definitive.

2) Questionario DASH

a) Il DASH valuta le problematiche muscolo-scheletriche dell’arto superiore. Consta di 38 domande raggruppate in 3 domini/scale: azioni normali, azioni sportive/esecuzione musicale, azioni lavorative.

Il test t di Student ha evidenziato che in tutti i 3 domini del questionario c’è un miglioramento statisticamente significativo del punteggio medio dopo il trattamento osteopatico.

Figura 2: differenza dei punteggi medi nei 3 domini DASH (scala crescente fino a 5, dove 5 è il punteggio migliore)

b) L’ANOVA ha evidenziato che per i domini “azioni normali” e “azioni lavorative” non esistono differenze statisticamente significative da un anno all’altro.

Esiste invece una differenza statisticamente significativa nel dominio “azioni sportive e musicali”. In particolare, nel 2015 il punteggio è mediamente di 0,76 punti (15,2%) inferiore rispetto al 2011 (non esistono invece differenze tra 2015 e 2013 e neppure tra 2011 e 2013).

Tale risultato può essere stato influenzato dal fatto che nel 2015 solo 16 pazienti su 35 hanno risposto alle domande del dominio “azioni sportive e musicali”.

c) Dal confronto dei punteggi DASH della nostra popolazione di 97 lavoratori INALCA con i valori di riferimento della AAOS (American Academy of Orthopaedic Surgeons) per la popolazione americana normale, è emerso che nella nostra popolazione i punteggi erano inferiori a quelli standard sia prima che dopo il trattamento.

Ciò indica che nonostante il miglioramento dopo il trattamento osteopatico, la popolazione lavorativa di INALCA oggetto del presente studio non è confrontabile con la popolazione normale, presentando punteggio peggiori. Questo dato supporta la classificazione dei reparti hamburger e disosso/sottovuoto tra quelli con effettivo rischio da SBAS.

d) Le analisi di regressione lineare nella sottopopolazione dei 35 pazienti del 2015 hanno permesso di escludere differenze operatore-dipendente nell’esito del trattamento e hanno escluso una correlazione con i fattori anagrafici sesso, età, anzianità lavorativa, reparto.

Ciò suggerisce che l’esito del trattamento osteopatico, così come misurato dal DASH, non risente di fattori anagrafici.

3) Questionario SF-36

a) Il questionario SF-36 è uno strumento validato per indagare lo stato di salute generale. Si articola in 36 domande raggruppate in 9 domini/scale (8 domini da più domande + 1 domanda singola): attività fisica, limitazioni di ruolo dovute alla salute fisica, limitazioni di ruolo dovute allo stato emotivo, dolore fisico, percezione dello stato di salute generale, vitalità, attività sociali, salute mentale, cambiamento nello stato di salute (domanda singola).

Il test T di Student indica che dopo il trattamento c’è un miglioramento statisticamente significativo nel punteggio di tutti i 9 domini del questionario.

Figura 3: Differenza dei punteggi percentuali medi nei 9 domini SF-36

b) L’ANOVA ha evidenziato che per nessuno dei domini del questionario si possono trovare differenze statisticamente significative da un anno all’altro.

c) I test di regressione lineare nella sottopopolazione di 35 pazienti del 2015 ha evidenziato che solamente nel dominio “limitazioni di ruolo dovute alla salute fisica” c’è una differenza di risultati operatore-dipendente. Nella fattispecie, è emerso un operatore i cui pazienti mostrano differenze di punteggio inferiori rispetto ai pazienti di altri due operatori (senza comunque differenze significative rispetto ai restanti 3 operatori). Il coefficiente R2 di 0,31 indica una bassa bontà del fitting. Tale dato, insieme al fatto che solo un dominio sui 9 del questionario abbia dato un p<0,05, a nostro avviso è comunque un indice di una buona coerenza di risultati tra i vari operatori.

I modelli di regressione lineare tra i fattori anagrafici (sesso, età, anzianità lavorativa nella mansione a rischio, reparto) e i punteggi dei domini del questionario hanno dimostrato una sola associazione positiva. Il dominio “limitazioni di ruolo dovute allo stato emotivo” è risultato associato con la variabile “reparto” (in disosso/sottovuoto miglioramento di 13,5% in più rispetto a confezionamento hamburger). Il coefficiente R2 di 0,12 indica una bassa bontà del fitting. Questo dato, oltre all’esiguo numero di pazienti appartenenti al reparto disosso/sottovuoto, non consente di trarre conclusioni definitive. Inoltre in nessun altro dominio sono emersi dei risultati statisticamente significativi. A nostro avviso questi risultati suggeriscono che, analogamente a quanto riscontrato per il DASH, anche se misurato col questionario SF-36 l’esito del trattamento osteopatico non risente di fattori anagrafici.

> Limiti dello studio

Il presente studio ha i seguenti limiti:

  • Possibile sovrastima dei lavoratori delle proprie condizioni di salute per timore che la direzione aziendale potesse venire a conoscenza dei risultati.
  • Numero di pazienti non equamente distribuito nei reparti disosso/sottovuoto e confezionamento hamburger.
  • Disomogeneità di genere nei pazienti (F>M).
  • Modelli di regressione lineare con le variabili anagrafiche applicabile solo sui dati del 2015. Per studi futuri che proseguiranno il progetto in INALCA, è auspicabile la raccolta dei dati anagrafici di tutti i pazienti in modo da avere una popolazione più ampia su cui applicare i modelli di regressione lineare.
  • Lo strumento di registrazione delle disfunzioni vertebrali non distingue tra disfunzioni fisiologiche e afisiologiche. Nella valutazione dei miglioramenti dopo il trattamento, ciò potrebbe riflettersi sui risultati finali con dei falsi negativi.

 

> Conclusioni

Il trattamento osteopatico ha portato a miglioramenti statisticamente significativi sia per quanto riguarda il numero delle disfunzioni osteopatiche registrate sia per quanto riguarda la qualità della vita e lo stato di salute soggettivi dei pazienti (così come misurato dai questionari DASH e SF-36). Si rigetta l’ipotesi nulla che non ci siano differenze prima e dopo il trattamento e si conferma l’ipotesi alternativa che il trattamento osteopatico porti a un reale beneficio nella popolazione INALCA oggetto di studio.

Non ci sono differenze di risultati tra le tre annate in cui si è sviluppato il progetto. C’è dunque coerenza di risultati tra i vari anni dello studio.

Nella sottopopolazione dei 35 pazienti del 2015, il trattamento osteopatico è risultato efficace in tutti i tipi di pazienti senza distinzioni di sesso, età, reparto e anzianità lavorativa. Inoltre l’esito del trattamento non è risultato operatore-dipendente.

 

Il nostro studio dimostra dunque l’utilità del trattamento osteopatico applicato in ambito lavorativo in pazienti-lavoratori esposti a rischio da sovraccarico biomeccanico e affetti da disturbi dell’arto superiore.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *