Relazione tra osteopatia e SNA nel processo di recupero della salute

franco guolo

Evidenze e Razionale dell’applicazione clinica
di Franco Guolo, DO, dal seminario “Attualità sul Sistema Nervoso Autonomo: dal laboratorio sperimentale alle applicazioni cliniche“, Parma, maggio 2018

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La salute può essere considerata la capacità di adattamento del soggetto all’ambiente ed è uno stato di adattamento in costante cambiamento, ha quindi una sorta di equilibrio che possiamo definire “dinamico”. Questo concetto, con l’osteopatia si sposa molto bene. Di fatto lo stress (distress o stress negativo) non è di per sé una malattia, ma è sicuramente una chiave di entrata per quella che può diventare una malattia futura. L’osteopatia potrebbe inserirsi molto bene in un’ottica di prevenzione più che di cura, cercando di fornire al soggetto una maggiore capacità di adattamento. Già Seyle, nel classificare il concetto di stress, ha posto l’attenzione sui tessuti e sulle loro funzioni. L’osteopata individua l’alterazione della dinamica tissutale, frutto dell’eccessivo carico allostatico a cui sono sottoposte le strutture (intese come i tessuti) attraverso un unico strumento e cioè le mani, grazie alla palpazione percettiva.
Per fare questo, si deve andare oltre la persona fisica, cercare di conoscere al meglio il paziente, in modo da capire i livelli di carico allostatico a cui questa persona è assoggettata; non meno importante è la valutazione dei fattori genetico ed epigenetico. Il concetto di “struttura e funzione” è tenuto insieme primariamente proprio dal sistema nervoso vegetativo, il quale interviene sia sull’adattamento di tipo omeostatico che su quello allostatico.

I tre concetti che dimostrano una relazione logica tra osteopatia, SNV e il concetto di salute sono:

  • il principio di adattamento,
  • la palpazione percettiva,
  • le relazioni somatiche sulle quali interveniamo.

Adattamento

L’osteopatia ha alla base del suo razionale il riconoscimento della Disfunzione Somatica (DS).
La disfunzione somatica viene considerata come una chiave di adattamento locale e rappresenta la reazione locale dei tessuti ad un agente o un evento stressogeno. Di fatto poi si è visto che questo adattamento locale, in realtà, determina e promuove un adattamento più generale e viceversa: infatti, un’alterazione sistemica può arrivare a determinare anche disfunzioni somatiche locali.
In ambito osteopatico, si classifica a livello internazionale la disfunzione somatica attraverso quattro parametri:
T: modificazione della trama tissutale
A: asimmetria strutturale
R: riduzione del ROM (range of motion)
T: sensibilità o dolorabilità

Si è visto che lo stress locale, ma di fatto anche quello sistemico, interferisce sull’equilibrio del rapporto tra fibroblasti e matrice extracellulare. Quanto più i fibroblasti sono sottoposti a stress, tanto più la matrice extracellulare si contrae, e più questa si irrigidisce, più i fibroblasti si contraggono. Il risultato finale di tutto questo processo, se lasciato andare nel tempo, è la fibrosi tissutale, quindi la perdita assoluta della fisiologia del tessuto stesso.
L’alterazione della matrice connettivale determina riduzione del ROM articolare (se ci si riferisce ad una articolazione somatica, ma in effetti questo concetto si può trasferire a qualsiasi tessuto del corpo umano) con insorgenza di un limite articolare non fisiologico.
Di conseguenza si viene a creare quella che in osteopatia viene definita una barriera di restrizione, che è praticamente il limite del movimento alterato nel punto in cui si è venuta a creare questa disfunzione somatica. Questa barriera di restrizione non deriva da fenomeni biomeccanici legati allo stato fisico ed elastico dei tessuti, bensì da riflessi muscolari profondi, indice di riadattamento neuronale. Il dolore sappiamo essere una reazione di difesa fondamentale e in stretta relazione con i meccanismi di infiammazione neurogena: può perciò diventare in qualche maniera una sorta di innesco della stessa disfunzione. Qualunque stimolo negativo può determinare un processo di infiammazione cronica con sovraccarico allostatico, alterazioni metaboliche e riduzione della soglia di attivazione delle terminazioni nocicettive determinando quella che viene definita una sensitizzazione dei recettori.

Questo concetto sembra confermare i lavori di Van Buskirk, iniziati negli anni ‘90, dove si pone molta attenzione all’aspetto nocicettivo. Van Buskirk si è allontanato dal concetto di disfunzione di tipo biomeccanico e neurologico legata a fattori propriocettivi, e ha creato un modello che enfatizza i nocicettori e i riflessi come sorgente delle modifiche connettivali, viscerali, immunologiche e circolatorie, osservate in presenza della DS. L’autore sostiene ad esempio che sia molto improbabile che la disfunzione somatica sia legata a problematiche dei fusi neuromuscolari, ma bensì che sia più strettamente legata al meccanismo del dolore.

Il concetto di sensitizzazione ha sostituito il principio di facilitazione neurologica introdotto da Irvin Korr, portando il ragionamento su un piano di così detta memoria nocicettiva (ci sono infatti analoghi meccanismi neurofisiologici tra dolore e memoria). Il concetto di sensitizzazione contiene tanti aspetti di un unico circuito neurologico che determinano, attraverso vie riflesse differenti, sintomi diversi all’interno di uno stesso quadro clinico come ad esempio disturbi da stress post-traumatico, fibromialgia, dismenorrea.

Quindi, quando e perché trattare la disfunzione somatica?

È importante trattare la DS quando risulta non fisiologica e/o quando è sintomatica. Queste due condizioni sembrano contribuire a mantenere un circuito aberrante che può portare allo stato di malattia.
L’osteopata, tramite la palpazione, individua tali condizioni nei tessuti tramite la palpazione percettiva (R.Becker 1966).

È molto difficile dare scientificità all’approccio osteopatico perché purtroppo la scienza ha bisogno di un intervento unico standardizzato e ripetibile e questo concetto è in contrasto con uno dei fattori principali dell’osteopatia e di tutte le terapie manuali e cioè l’interazione operatore-paziente.

Ci sono migliaia di studi che attribuiscono al tocco una funzione affettiva, simbolica, la più elementare forma di educazione, una modalità sensoriale altamente complessa. Il tocco umano attenua la risposta fisiologica allo stress nei bambini e fa diminuire l’espressione del cortisolo, porta a una diminuzione dello stress e alla percezione del dolore, al miglioramento dell’umore, aumenta la fiducia nelle altre persone (comportamenti pro-sociali).

Su un piano più osteopatico ci sono due ipotesi che riguardano le diverse modalità palpatorie:

1. paradigma muscoloscheletrico: si ipotizza che ci sia una registrazione nell’ambito della valutazione di tipo propriocettivo esterocettivo che ci permette di interpretare gli aspetti biomeccanici, ad esempio le catene muscolari o la situazione posturale dell’individuo. Anche questa è una funzione integrata a livello centrale ed è un’efferenza che viaggia attraverso i motoneuroni alfa e gamma. Questa ipotesi rappresenta la prima interpretazione dell’approccio osteopatico.

2. paradigma interocettivo (più recente): è legato ad una registrazione passiva del movimento presente all’interno del corpo, ad esempio la semplice registrazione dei cicli di respirazione a riposo. L’osteopata sfrutta il light touch, cioè un tocco leggero (Becker). Questo sembra essere mediato da fibre meccaniche C, a bassa soglia di attivazione, le quali vanno a scaricare a livello di stazioni interocettive, in particolare alla lamina II del midollo spinale, al talamo e alla corteccia dell’insula. Questo tipo di palpazione è fatta attraverso un approccio propriocettivo perché durante i training formativi si allena la mano a lavorare con i muscoli lunghi delle dita attraverso un vettore di rinforzo propriocettivo di tutto il corpo che sfrutta la leva dell’arto superiore. Questo è fondamentale per cercare di mantenere la maggior inattività possibile a livello della mano in maniera da attivare solo i recettori palpatori.

A questo scopo Becker suggeriva di sfruttare dei fulcri cioè dei punti d’appoggio. Questi ci consentono di diminuire la nostra capacità efferente e di aumentare la nostra capacità afferente, ci permettono di essere meno induttivi sul sistema, di non influenzarlo da un punto di vista neurovegetativo. La completa inafferenza è impossibile, l’interazione operatore-paziente c’è sempre, però bisogna cercare di essere il meno induttivi possibile in maniera da poter registrare informazioni il più pulite e neutre.

A livello palpatorio trattare una zona disfunzionale, come ad esempio una cicatrice post-chirurgica, genera spesso la sensazione di un tessuto che si rilascia, si espande e «respira» maggiormente. Quello che è interessante è che alcuni studi hanno dimostrato che il fibroblasto tende a contrarsi ritmicamente ogni 99 secondi per le oscillazioni degli ioni calcio. Questo ritmo si incrementa sempre più velocemente in uno stato infiammatorio e uno stimolo manuale sarebbe in grado di invertire questa progressione (Castella L et AL. A new lock-step mechanism of matrix remodelling based on subcellular contractile events.( J Cell Sci. 2010 May 15;123 Pt 10:1751-60).

In osteopatia si classificano tanti ritmi e più il contatto con il paziente è passivo, più il ritmo decelera. E più decelera il ritmo, più si evidenziano parametri collaterali come un abbassamento della frequenza respiratoria, il senso di maggior calore sotto la mano, la sensazione di minor densità.

Relazioni somatiche:

Il sistema somatosensoriale comprende:

  • Esterocezione: genericamente collegata al tocco, nello specifico alla registrazione sensoriale palpatoria
  • Propriocezione: utilizzata sia da parte dell’operatore che nel paziente (qualunque tecnica ostemioarticolare)
  • Interocezione: utilizzata nella palpazione percettiva attraverso modalità propriocettiva dell’operatore

(McGlone F. Discriminative and affective touch: sensing and feeling. Neuron. 2014 May 21;82(4):737-55. Becker R (2006). Life in Motion. Ed.Brooks)

Ci soffermiamo sul sistema interocettivo perché attualmente è molto studiato da chi fa ricerca in osteopatia per cercare di dare una spiegazione razionale al trattamento osteopatico.

L’interocezione è una consapevolezza soggettiva interiore che si evidenzia nel momento in cui si percepisce nel corpo un’emozione sia fisica che psichica (i recettori nervosi sensoriali, o interocettori, ricevono e trasmettono sensazioni da stimoli all’interno del corpo). La postura, quindi gli atteggiamenti con cui ci relazioniamo, sarebbe di fatto l’adattamento al mondo esterno rispetto a questo tipo di registrazione interocettiva. La consapevolezza corporea di sé include l’interocezione (es. sentire il nostro respiro, digestione, rabbia, attivazione, dolore, emozione, fatica) (Ogden J et Al. Generating physical symptoms from visual cues: An experimental study. Psychol Health Med. 2009).

Dopo l’attivazione mentale e fisica, sono i segni corporei mentali e periferici (propriocettivi ed interocettivi) ad informare se la situazione di stress è stata portata a termine con successo o meno, e quindi ad attivare il sistema parasimpatico per il rilassamento, il rilascio delle tensioni ed il recupero. Se la reazione di stress non si conclude o non giungono i giusti segnali corporei o non si scaricano le tensioni, l’organismo rimane fisso, «congelato nel tempo» (Payne P, Levine PA, Crane-Godreau MA. Somatic experiencing: using interoception and proprioception as core elements of trauma therapy. Front Psychol. 2015 Feb 4;6:93).

Questo ci riporta al concetto di disfunzione somatica, in particolare alla reazione tissutale conseguente come adattamento a questo fenomeno. Gran parte di questo aspetto fa capo a una struttura cerebrale considerata molto importante per la risposta viscero-somatica: la regione insulare. L’insula controlla le funzioni autonome attraverso una fine regolazione dei sistemi simpatico e parasimpatico (Critchley HD, Neural mechanisms of autonomic, affective, and cognitive integration, in J. Comp. Neurol., vol.493, nº1, dicembre 2005, pp.154–66). Ha inoltre un ruolo non ben definito nella risposta immunitaria (forse attraverso la risposta allo stress mediata dal cortisolo) (Pacheco-López G.Neural substrates for behaviorally conditioned immunosuppression in the rat. J. Neurosci., vol.25, nº9, marzo 2005, pp.2330–7). L’insula viene quindi considerata una sorta di termostato biologico (Kern Michael (2012). Wisdom in the Body. Kindle Ed). Uno studio interessante, pubblicato nel 2017 ha dimostrato che un contatto leggero di 20 grammi, attento alle sensazioni tissutali di consistenza, densità, temperatura, motilità e responsività (OTA: operator tactile attention) è in grado di aumentare l’anticorrelazione (correlazione fra un’area neurale che aumenta la sua attività e un’altra area che la diminuisce) in particolare fra la corteccia posteriore del cingolo da un lato e l’insula e il giro frontale inferiore dall’altro.

Questo aspetto sarebbe estremamente legato all’attenzione dell’operatore, cioè al compito cognitivo che in qualche maniera si è preposto l’operatore nel momento del gesto palpatorio (Cerritelli F. et Al. Effect of Continuous Touch on Brain Functional Connectivity Is Modified by the Operator’s Tactile Attention. Front Hum Neurosci. 2017Jul 20).

Sia su un piano fisico che su un piano emotivo, durante l’approccio di terapia manuale, l’attenzione dell’operatore sembrerebbe determinare un cambiamento profondo nello stato di idratazione del tessuto, quindi nel rapporto fibra/matrice extracellulare, insieme a vari altri effetti di tipo neurovegetativo che non sono legati specificamente all’aspetto palpatorio come cambio di temperatura e di colore della pelle, respiro, micromovimenti degli arti, dilatazione delle pupille ed espressioni facciali. Questi sono tutti possibili effetti fisiologici collegati a processi interocettivi. Schleip sostiene che un tocco lento e delicato (che si accompagna sicuramente a un discorso di tipo empatico tra operatore e paziente) possa essere utile, se non ideale, come approccio per la regolazione (o autoregolazione) interocettiva.

A questo punto quali sono le relazioni evidenti tra osteopatia e SNA?

Nonostante questa relazione sia conosciuta fin da tempi antichi (relativamente antichi in quanto l’osteopatia è una terapia abbastanza giovane) si trova pochissimo materiale scientifico in materia.
Un concetto fondamentale in osteopatia è la famosa legge dell’arteria: “..un’arteria disturbata segna l’inizio, l’ora e il minuto, da quando la malattia semina i semi della distruzione nel corpo umano” (Still AT. Filosofia della Osteopatia. Castello 2000).
Se un tessuto sta soffrendo è perché l’apparato circolatorio non sta facendo il suo dovere e quindi se si trovasse la maniera di interferire con questo meccanismo, in qualche maniera si potrebbe migliorare la fisiologia di quel tessuto.

Quali sono le relazioni tra il sistema circolatorio e il SNV?

Consideriamo il linfatico perché è il sistema circolatorio con cui abbiamo un rapporto più diretto e dato che gli altri vasi hanno una componente muscolare molto più importante e di conseguenza sono quelli che, per fortuna, reagiscono meno alla pressione manuale. I vasi linfatici sono innervati dal sistema nervoso simpatico.
Di Gregorio sostiene che il sistema simpatico a livello linfatico funge da pace-maker, regolatore e modulatore della funzione, anche se i meccanismi di contrazione del vaso sono soprattutto chimici (Di Gregorio 2017. Modello matematico e numerico della fluidodinamica e del trasporto di eritrociti nella microcircolazione. Tesi di Laurea Magistrale in Ingegneria Biomedica – Politecnico di Milano).

Altro aspetto fondamentale, il sistema circolatorio sanguigno e linfatico ha delle relazioni importanti con la risposta immunitaria, fornisce infatti la via per la circolazione delle cellule del sistema immune. Da vari studi si evidenzia che il SNA fornisce un meccanismo per una regolazione fine della risposta immunitaria (Moynihan J and oth. Sympathetic nervous system regulation of immunity. Journal of Neuroimmunology 147 (2004) 87– 90).

Anche il n. vago sembra avere una certa importanza sia sul piano immunitario, che sulla risposta infiammatoria e sul piano allergico (Woody A and oth (2017). Stress-Induced Parasympathetic Control and its Association with inflammatory reactivity. Psychosom Med. 2017 Apr;79(3):306-310).

Dove si localizza il SNA?

Accumuli di sostanza grigia collocati a livello encefalico e nel midollo spinale danno origine a fibre nervose che escono prendendo le vie dei nervi cranici del III-VII-IX-X paio (parasimpatiche) e dei nervi spinali (ortosimpatiche). I nuclei sono collegati a centri viscerali superiori che si trovano nell’ipotalamo il quale è a sua volta collegato a varie strutture telencefaliche, alle aree limbiche e amigdaliche (Waxman SG. Neuroanatomia Clinica. Piccin 2011).

Uno studio del 2016 ha portato a grosse novità sulle conoscenze del parasimpatico. Fino a quel tempo infatti si parlava anche di “parasimpatico sacrale” e con la manipolazione osteopatica del bacino si pensava di determinare dei riflessi parasimpatico-tonici; adesso sappiamo che non è così e che anche a questo livello si parla di ortosimpatico. Secondo questo studio infatti il parasimpatico sarebbe riferito sempre e solo all’area craniale (Espinosa-Medina et Al (2016). The sacral autonomic outflow is sympathetic. Science 354 (6314), pp 893-7).

L’ortosimpatico si distribuisce con i nuclei midollari lungo il tratto dorsale. Le fibre simpatiche fanno sinapsi a livello delle catene ganglionari paravertebrali o perivertebrali oppure periviscerali. L’unica eccezione sono le fibre T10/L1 che vanno alla midollare del surrene (unica innervata da fibre presinaptiche) creando un importante rapporto cervello – midollare surrenalica. La cosa più importante è che le fibre ortosimpatiche vanno a innervare soprattutto i vasi e i tessuti connettivi.

I centri midollari ortosimpatici si ritrovano nella colonna intermedio-laterale strutturata a livello dorsale ma in maniera frammentata:
Centro cilio-spinale di Budge: C8-D3
Centro polmonare: D1-D5
Centro cardiaco: D4/D5
Centro splancnico: D5/D11
I nevriti di queste colonna penetrano nelle radici anteriori spinali.
(Hou S, Rabchevsky AG. Autonomic consequences of spinal cord injury, review. Compr Physiol. 2014 Oct;4(4):1419-53. Review. Keynes R. Patterning spinal nerves and vertebral bones. J Anat. 2017 Oct 24).

Metasimpatico

Sistema Intramurale: contenuto e gestito dalla fascia peritoneale viscerale
Sistema Extramurale: contenuto e gestito dalla fascia peritoneale parietale
I vari gangli metasimpatici sarebbero estremamente sensibili alle tensioni delle fasce parietali di visceri, vasi e ghiandole.

Contrae rapporti con para (vago) per peristalsi, orto (nervi toraco-lombo-sacrali) per irrorazione, adenosimpatico (che connette le varie ghiandole, si collega al SNC attraverso il n. frenico che innerva timo, pericardio, diaframma e fegato, e attraverso il IX che raggiunge le ghiandole salivari). (Espinosa-Medina et Al (2016). The sacral autonomic outflow is sympathetic. Science 354 (6314), pp 893-7. Stecco L (2012). Manipolazione fasciale per le disfunzioni interne. Piccin, Pd).

Sono infatti le relazioni del nervo frenico a spiegare determinate problematiche (correlazioni a distanza): una sofferenza della spalla dx in relazione a un problema riflesso proveniente dalla regione epatica, piuttosto che una patologia funzionale a livello gastrico o gastro-esofageo legato ad un dolore a livello cervicale o alla spalla sinistra.

Inoltre c’è un legame fascia-insula, messo in evidenza dagli studi di Schleip & Jӓger nel 2012, molto interessante rispetto ad una tecnica che viene utilizzata in osteopatia che è lo svolgimento fasciale, l’unwinding. L’ipotesi fornita è che ci sia una relazione tra input a livello insulare e risposte anche di tipo somatico. Questo permetterebbe tra l’altro di spiegare il concetto di “memoria del tessuto”. Secondo questo studio l’organo, per consolidare la memoria, passa da una destrutturazione a una ristrutturazione della matrice extracellulare. L’intero sistema fasciale si assesterebbe nel tempo a seconda delle azioni svolte, delle posture tenute e dei legami con il sistema nervoso e la circolazione per assumere un’organizzazione che rispecchi pienamente il vissuto emotivo della persona (Myers, 2009; 2014). Non a caso, lo stress cronico sotto forma di contratture fasciali e di infiammazione generalizzata viene spesso richiamato come punto di legame fra vissuto mentale e stato del corpo (Chetta, 2008; 2010).

Riassumendo, imparare a mantenere un’attenzione sostenuta durante un trattamento manuale è più che importante, non solo per avvertire cosa sta succedendo sotto i tessuti (di importanza comunque vitale), bensì per favorire nel paziente un importante cambiamento fisiologico (Cerritelli F. et Al. Effect of Continuous Touch on Brain Functional Connectivity Is Modified by the Operator’s Tactile Attention. Front Hum Neurosci. 2017 Jul 20).

Se una delle aree coinvolte dall’attenzione è l’insula, abbiamo una possibile conferma dell’ipotesi (Cerritelli 2017) che il tocco di una terapia manuale come l’osteopatia possa, tramite l’interocezione, agire sugli stati di sensitizzazione centrale che si ripercuotono sul sistema nervoso vegetativo e che sono alla base di molteplici problematiche, acute e soprattutto croniche (D’Alessandro, G., Cerritelli, F. & Cortelli, P. (2016),“Sensitization and Interoception as Key Neurological Concepts in Osteopathy and Other Manual Medicines”, Front Neurosci, 100: 10). A fronte di un’attenzione tattile sostenuta, basta un tocco veramente leggero (20 grammi di peso) per favorire potenzialmente grossi cambiamenti nella persona trattata (Loken L. S et Al. (2009). Coding of pleasant touch by unmyelinated afferents in humans. Nat. Neurosci.12, 547–548).

Vediamo ora alcuni studi che analizzano l’effetto di alcune tecniche osteopatiche:

Decompressione area C0/C1

I dati raccolti dimostrano che la decompressione suboccipitale influenza fortemente la variabilità della frequenza cardiaca e quindi sembra essere in grado di determinare una risposta di tipo vagale.
Si è dimostrato uno spostamento da una prevalenza di tipo ortosimpatica a un abbassamento di questa fino a una prevalenza di tipo parasimpatica (Paul DG, Kendi LH, Pacchia CF, Smith ML. Suboccipital Decompression Enhances Heart Rate Variability Indices of Cardiac Control in Healthy Subjects. J Altern Complement Med. 2013 Feb; 19(2): 92–96).

OMT e SNA

La terapia manipolativa osteopatica ha ridotto l’effetto cronotropico complessivo del fattore di stress (t = -2,9, P <.05) e ha neutralizzato l’astinenza vagale e lo spostamento dell’equilibrio autonomico verso la prevalenza simpatica (t = -2,8, P <.05) che sono stati osservati nei partecipanti di controllo.
L’applicazione di una singola sessione OMT a partecipanti sani ha indotto un recupero più rapido della frequenza cardiaca e dell’equilibrio simpatico-vegetale dopo uno stressor acuto della mente, riducendo in modo sostanziale l’astinenza parasimpatica e la prevalenza simpatica. La sessione OMT ha anche impedito il tipico aumento dei livelli di cortisolo osservato immediatamente dopo una breve sfida mentale (Fornari M, Carnevali L, Sgoifo A. Single Osteopathic Manipulative Therapy Session Dampens Acute Autonomic and Neuroendocrine Responses to Mental Stress in Healthy Male Participants. J Am Osteopath Assoc. 2017 Sep 1;117(9):559-567).

Fascial unwinding

Secondo Schleip in una tecnica di svolgimento fasciale il tocco dell’operatore andrebbe a stimolare i meccanocettori della fascia che a sua volta provocherebbero una riposta del sistema nervoso parasimpatico. Nel fascial unwinding infatti il paziente è in uno stato di profondo rilassamento e calma, a volte seguito da movimenti oculari rapidi, spasmi o respirazione profonda (Schleip R. Fascial plasticity: a new neurobiological explanation. Part 1. J Bodyw Mov Ther. 2003;7:11–19).
A livello locale invece vi è una riduzione del tono muscolare, una vasodilatazione, una minor viscosità tissutale, una riduzione del tono dei miofibroblasti (Minasny B. Understanding the process of fascial unwinding. Int J Ther Massage Bodywork 2009 Sep 23;2(3):10-7).

HVLA K4 e D4, decompressione C0C1, CV4

In letteratura si cita l’efficacia di singoli trattamenti mirati a modificare l’attività autonomica come la manipolazione della quarta costa e della quarta vertebra dorsale con tecniche HVLA (ortosimpatico), la decompressione dei condili occipitali e la compressione del IV ventricolo cerebrale (parasimpatico) (Monaco F, Vinciguerra R, Zardi M, Vismara L. (2012-2013). The osteopathic manipulative treatment (omt) and its effects on the autonomic nervous system).

Manipolazione spinale

Possiamo affermare che sussiste evidenza di una variazione funzionale viscerale, a seguito di un trattamento manuale della colonna vertebrale (Lascurain-Aguirrebeña I et Al. Mechanism of Action of Spinal Mobilizations: A Systematic Review. Spine (Phila Pa 1976). 2016 Jan;41(2):159-72).
Gli effetti della manipolazione spinale sui riflessi viscerosomatici possono essere abbastanza complessi, producendo sia effetti eccitatori che inibitori. La conoscenza degli effetti della manipolazione spinale su questi riflessi e sugli organi bersaglio di essi è però ancora molto limitata (Pickar JG. Neurophysiological effects of spinal manipulation. Spine J. 2002 Sep-Oct;2(5):357-71).
Si è visto che, in realtà, la risposta dipendeva da come veniva effettuata la manipolazione: la frequenza nella somministrazione del gesto è fondamentale nell’ottenere una risposta più eccitatoria o più inibitoria rispetto al sistema nervoso simpatico.

Tecniche articolatorie (TGO)

La mobilizzazione spinale provoca una naturale risposta eccitatoria del SNS indipendentemente dal livello della colonna vertebrale mobilizzata. Per mobilizzazione spinale si intendono movimenti graduali, passivi, oscillatori e frequenti, applicati al rachide per tutto il range articolare disponibile.
Sono necessari più studi su pazienti sintomatici per valutare, in un contesto clinico, l’eccitazione del SNS in concomitanza con l’ipoalgesia (Kingston L et Al.The effects of spinal mobilizations on the sympathetic nervous system: a systematic review. Man Ther. 2014 Aug;19(4):281-7).

Tecniche di pompa linfatica (LPT)

La pompa linfatica può essere applicata alla gabbia toracica, all’addome (pompa intestinale, epatica e splenica), piedi e gambe (pompa agli arti inferiori). Clinicamente l’LPT è utilizzata per trattare infezioni ed edemi e sembra essere una terapia realmente coadiuvante nei pazienti affetti da polmonite (Hodge LM (2015). Osteopathic lymphatic pump techniques to enhance immunity and treat pneumonia. J Am Osteopath Assoc. 2015 May;115(5):306-16. doi: 10.7556/jaoa.2015.061. Erratum in: J Am Osteopath Assoc. 2015 Jun;115(6):357. Schander, Artur [added]).

L’LPT aumenta il trasporto della linfa all’interno del sistema linfatico e aumenta il flusso della linfa e la circolazione leucocitaria.
Non si capisce in quale misura l’LPT mobilizzi direttamente cellule immunitarie dal tessuto linfatico al sangue. Ciò nonostante sembra probabile che questo aumento di cellule immuni, mediato dall’LPT, migliori la sorveglianza immunitaria che a sua volta aumenta ulteriormente la difesa contro le malattie infettive.
Aumentando il rilascio linfatico di cellule immunitarie, l’LPT può aumentare la protezione immunomediata contro le malattie infettive (Schander A and oth (2013). Lymphatic pump treatment repeatedly enhances the lynphatic and immune systrems. Lymphat Res Biol. 2013 Dec;11(4):219-26).

L’LPT addominale stimola il rilascio di cellule immunitarie dai linfonodi e la loro immissione direttamente nella circolazione linfatica. In questi studi l’LPT aumenta anche il volume del letto linfatico e la concentrazione di cellule immunitarie all’interno della linfa dei cani. Risultati simili si sono osservati anche nel sistema linfatico mesenterico.
È stato identificato il tessuto linfoide gastrointestinale (GALT) come un tessuto che rilascia cellule immunitarie all’interno del circolo linfatico durante l’LPT. Questo avviene tramite la compressione ritmica dell’addome (Schander A and oth (2013). Lymphatic pump treatment repeatedly enhances the lynphatic and immune systrems. Lymphat Res Biol. 2013 Dec;11(4):219-26).

Tecnica dei seni venosi

L’importanza clinica delle modalità di drenaggio linfatico craniale suggerisce una comunicazione tra il cervello e il sistema immunitario della testa e del collo, con una possibile regolazione selettiva verso l’alto e verso il basso (Caversaecio M (1996). The Drainage of Cerebrospinal Fluid into the Lymphatic System of the Neck in Humans. Department of Otorhinolaryngology, Technical University, Munich, andbDepartment of Legal Medicine, University of Munich, Germany ORL 1996;58:164–166. Hitscherich K (2016). The Glymphatic-Limphatic continuum: opportunities for OMT. J Am Osteopath Assoc. 2016 Mar;116(3):170-7. Review).

Conclusioni

  • L’osteopata interagisce direttamente con il sistema ortosimpatico (solo indirettamente con il resto del SNA).
  • È fondamentale intervenire come accesso sulla disfunzione, in particolare su quella non fisiologica e/o sintomatica.
  • Tutti i diversi approcci sembrano far tendere il sistema ad una riattivazione parasimpatica ed un’inibizione ortosimpatica, ad eccezione del lavoro ritmico ma che ha comunque effetto analgesico nel riequilibrio del SNA
  • Non evidenze sulla scelta di tecniche dirette o indirette.In osteopatia esistono due grossi tronconi di scelta operativa: agisco direttamente contro quella barriera di restrizione (tecnica diretta) e quindi sposto il muro che trovo, oppure la assecondo (tecnica indiretta) ma fin dove è possibile, nel tentativo di non essere particolarmente induttivi quindi irritanti o sfinenti per il sistema; l’approccio indiretto è quello di prima scelta.
    Dove non è possibile bisognerà andare con un approccio più diretto. Sembra che un approccio di tipo dolce, anche in seconda battuta, ci possa arricchire di informazioni e in qualche maniera possa darci risultati migliori sulla tecnica operativa.
  • Associare una metodologia «Light Touch» sembra dare una maggiore completezza di informazioni.
  • L’approccio osteopatico sembra tendere a dare una risposta di tipo neurovegetativo. Le vere risposte sull’intervento osteopatico si devono quindi registrare a distanza di tempo.

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