Il sistema linfatico in

osteopatia: nuove proposte di trattamento

Contributo originale a cura di Mauro Fornari
con la collaborazione di Martina Nardon e Michele Finardi

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L’esistenza del sistema linfatico e la sua complessa funzione sono rimaste quasi sconosciute fino all’età moderna. Sebbene infatti già civiltà antiche come quella egizia, quella indiana e quella cinesepossedessero elementari nozioni riguardo l’esistenza di un sangue bianco, e nonostante gli antichi greci avessero riconosciuto alcuni elementi di un sistema di vasi diverso da quello sanguigno, fu solo nel XVII secolo che ne venne riconosciuta l’autonomia e fu sviluppata un’interpretazione plausibile della sua fisiologia, identificando il sistema linfatico nel corpo umano come una forma di circolazione separata da quella sanguigna. È stato poi necessario attendere fino all’inizio del XX secolo perché si iniziasse a comprendere la relazione di questo sistema con la risposta immunitaria. In questo periodo si arrivò a capire il meccanismo antigene-anticorpo, si scoprirono e si cominciarono a sintetizzare gli antibiotici, il tutto con una velocità di nuove scoperte sconosciuta fino ad allora.

I progressi nel campo della genetica, della biologia cellulare, lo sviluppo di nuove procedure di tecnologia medica, oltre alla nascita dell’informatica, hanno giocato un ruolo decisivo nella comprensione della fisiologia umana, compreso il sistema linfatico. Da alcune stime la quantità di informazioni riguardanti il sistema immunitario raddoppia ogni tre/cinque anni.

Dal 1901, anno di istituzione del premio Nobel, sono più di 20 i premi attribuiti, sia nella categoria fisiologia o medicina che in quella della chimica, che si riferiscono al sistema linfatico o alla funzione immunitaria. Negli ultimi decenni l’interesse nei confronti del sistema linfatico è cresciuto ulteriormente in relazione allo studio e al trattamento delle diverse forme di neoplasie. Attualmente si sta cercando il modo di sfruttare le cellule del sistema immunitario, modificate in laboratorio e poi reintrodotte nell’organismo, per avere una risposta immunitaria efficace contro il malfunzionamento delle cellule stesse del corpo, come quelle tumorali.

 

Fu proprio tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo che Andrew Taylor Still, MD,DO, teorizzò una nuova medicina basata sulla approfondita conoscenza della anatomia e della fisiologia del corpo umano e messa in pratica con tecniche manuali al fine di facilitare i processi di guarigione naturale. In questo approccio olistico sottolineò la centralità dei fluidi e della loro libera circolazione per il mantenimento dello stato di salute dell’organismo. Non era escluso certamente il liquido linfatico, che per la prima volta venne ad occupare un posto di primaria importanza all’interno di una medicina manuale:

 

“In generale poniamo grande enfasi sul valore del sangue e dell’energia nervosa, ma possiamo dimostrare che questi siano di maggiore importanza vitale dei linfatici? Se così non è, soffermiamoci su questo universale sistema di irrigazione e studiamone il ruolo fondamentale nel sostegno della vita animale. Dove si colloca nel corpo? Per rispondere chiediamoci: dove non si trova? In realtà, nessuno spazio è così piccolo da non essere in collegamento con i linfatici, i loro nervi e i loro dotti secretori ed escretori. Così, il sistema dei linfatici è completo e universale in tutto l’organismo. […] …possiamo trarre un’unica conclusione circa la loro funzione, e cioè che questa consiste nel combinarsi a tutte le impurità del corpo ed espellerle”.

“Ora capiamo che questo grande sistema di dotti linfatici è la fonte della costruzione e della purezza. Se questo fosse vero dovremmo mantenere i dotti linfatici normali in ogni momento o vedremmo una Natura confusa, sotto forma di malattia. Colpiamo la fonte della vita e della morte quando andiamo ai dotti linfatici”.

“I vasi linfatici sono strettamente e universalmente connessi al midollo spinale e a tutti gli altri nervi, lunghi o corti, generali o locali, e tutti attingono ai fluidi prodotti dal cervello”.

Vedremo come circa cento anni dopo le ricerche abbiano confermato la correlazione tra liquido cefalo rachidiano e linfa.

 

In seguito alcuni autori hanno ripreso l’approccio al sistema linfatico con tecniche specifiche; ricordiamo in particolare C. Earl Miller DO, Frederic P. Millard DO, W.G. Sutherland DO, Gordon J. Zink DO.

Lo studio delle intuizioni e delle proposte di questi maestri è stato per noi una base di partenza e uno stimolo ad approfondire la materia, raccogliendo ciò che era già presente e sperimentando in prima persona nuove strade, sulla traccia segnata dalla genialità di chi ci ha preceduto.

La considerazione primaria alla base del nostro approccio sta nell’aver pensato di intervenire in modo globale, quindi con l’obiettivo di migliorare il terreno generale biologico del paziente. Cerchiamo di spiegare in breve a cosa ci riferiamo, per capire come sia globale l’approccio, ma anche la risposta dell’organismo, evidente in diversi aspetti della sua fisiologia.

Ricordiamo che le principali funzioni del sistema linfatico sono tre:

– Mantenimento dell’equilibrio dei fluidi corporei: trasportando i fluidi in eccesso e diverse sostanze dallo spazio interstiziale alla circolazione sanguigna il sistema linfatico garantisce l’omeostasi cellulare.

– Immunitaria: ovvero la protezione nei confronti di invasori (virus, batteri, funghi, parassiti…).

– Trasporto dei nutrienti dal sistema digerente a quello circolatorio: sia i trigliceridi che sostanze liposolubili, viste le loro dimensioni, entrano nei dotti linfatici a livello intestinale ed è grazie a questa via che raggiungono la circolazione sanguigna.

Favorire il flusso della linfa permette quindi di facilitare l’omeostasi di tutti i cinque principali fluidi del corpo umano: sangue venoso, sangue arterioso, liquido sinoviale, linfa e liquido cefalorachidiano (LCR). I risultati che abbiamo riscontrato nella clinica sono stati validati da nuove pubblicazioni, alcune delle quali molto recenti. Queste hanno confermato, ad esempio, il legame tra linfa e LCR. Mentre infatti  è facilmente comprensibile il rapporto tra i primi tre liquidi e la linfa, il rapporto di questa con il liquido cefalorachidiano è stato più dibattuto. Fino agli ultimi anni si sosteneva che né il parenchima cerebrale né il midollo spinale avessero vasi linfatici. Già dalla fine del XIX secolo però diversi studi su animale avevano portato esperienze diverse, dimostrando, grazie all’iniezione di traccianti, come il drenaggio del LCR avvenisse a livello del sistema linfatico cervicale, identificando come via di drenaggio principale la lamina cribrosa dell’etmoide attraverso il nervo olfattivo.

Altri studi più recenti hanno mostrato ulteriori vie di drenaggio attraverso quasi tutti i nervi cranici, specialmente trigemino, acustico, ipoglosso e vago. I vasi linfatici sembrano anche giocare un ruolo nell’assorbimento spinale del LCR. Da segnalare anche il lavoro sul “sistema glinfatico” del gruppo di Nedergaard del 2012 che ha scoperto l’esistenza di un sistema di “ripulitura” del parenchima cerebrale che ha origine dalle cellule gliali. Molto stimolante lo studio dell’Università della Virginia pubblicato su Nature nel 2015 il quale riconosce la connessione tra sistema immunitario e cervello attraverso i vasi linfatici meningei. Per noi  è stata di grande interesse la relazione del sistema linfatico con la risposta infiammatoria in quanto la pratica clinica portava risultati che anche in questo ambito sono stati supportati da studi scientifici. Infatti era già noto che il flusso linfatico è regolato da diversi fattori, tra cui contrazione della muscolatura, pulsazione arteriosa, respirazione. Altre relazioni meno conosciute sono quella con l’asse ormonale, con il SNC, con sostanze legate all’infiammazione e con sostanze prodotte dalle cellule endoteliali. Ma recentemente è stato dimostrato che il flusso linfatico non solo risponde ai mediatori dell’infiammazione ma interviene anche in modo attivo modulando la risposta infiammatoria e la presentazione antigenica (Saeki e Al. 1999, Randolph 2001, Wiley e Al. 2001, Vigl e Al. 2011).

I risultati del trattamento di sblocco linfatico da noi proposto quindi non sono da cercare solo sul piano del drenaggio dell’edema distale degli arti, ma sul piano dell’omeostasi generale, migliorando tutto il sistema dei liquidi del corpo, sul piano della biomeccanica articolare grazie alla diminuzione dell’indice infiammatorio e anche grazie alla regolazione del tono muscolare, agendo sull’ortosimpatico, sul piano immunitario, favorendo una più efficace risposta linfocitaria-anticorpale, sul piano della depurazione dai cataboliti, favorendo il drenaggio dei liquidi interstiziali e facilitando una migliore fisiologia viscerale. Tutto questo abbiamo visto tradursi in una migliore resistenza allo stress e in generale in un migliore stato di salute.

L’approccio manuale proposto parte dall’evidenza anatomica che i gruppi di linfonodi intercalati nella circolazione linfatica sono alloggiati in aree dove sono presenti strutture in grado di muovere la linfa, strutture che possiamo definire funzionalmente diaframmi, cioè setti trasversali che con la loro azione di pompa regolano le pressioni delle strutture sovra e sottostanti. Una tensione anomala di queste strutture mio-connettivali può ostacolare il flusso linfatico, che si muove a bassissima pressione, quindi non solo necessita di una sollecitazione esterna per procedere ma tende a rallentare o ristagnare se incontra una eccessiva resistenza.

È chiaro quindi come il rapporto tra sistema linfatico e sistema fasciale sia di fondamentale importanza: una tensione fasciale porta a un blocco nella distribuzione delle tensioni, quindi nel movimento, la mancanza di movimento provoca una stasi sia nel punto di tensione che a valle e la stasi porta a una sofferenza della matrice extracellulare, che è la componente biologica che garantisce l’omeostasi cellulare. Il ristagno di linfa a sua volta causerà un aumento di tensione fasciale, con conseguenze a livello articolare, viscerale etc., in base al distretto. Le numerose tecniche presentate nel modello di lavoro sul sistema linfatico agiscono sui diaframmi e in generale sul connettivo in maniera meccanica, incentrata sulla struttura. Proprio l’approccio alla struttura differenzia questo metodo da altre applicazioni manuali non osteopatiche sul sistema linfatico, le quali sono principalmente rivolte alla spremitura del vaso linfatico per favorirne lo svuotamento. Pur ponendosi lo stesso obiettivo, la proposta ha le sue radici in un principio classico osteopatico che afferma che per equilibrare il contenuto bisogna interagire con il contenente (legge struttura –funzione del dott. Still).

 

Sul piano tecnico ci siamo serviti di tecniche classiche della tradizione osteopatica a cui abbiamo affiancato altre manualità, in una proposta che tenta di essere globale come approccio ma al contempo molto precisa e mirata sul piano tecnico sulle strutture mio connettivali locali tenendo sempre presente i rapporti anatomo-fisiologici del rapporto linfa-fascia. Ci siamo accorti che spesso il tessuto, congestionato e denso in modo cronico, rende necessario l’utilizzo di tecniche recoil, per la loro capacità di favorire il riassorbimento dei liquidi. Per mobilizzare i liquidi congelati abbiamo trovato molto utile l’utilizzo della vibrazione per potenziare la tecnica manuale, sfruttando sia le vie afferenti fisiologiche che scaricano in centri specifici del Sistema Nervoso Centrale, che una risposta più generale ad opera della componente ortosimpatica del Sistema Nervoso Autonomo.

Come premesso il modello di lavoro proposto trova applicazione in ambito preventivo e aspecifico; si tratta infatti di un intervento che mira al riequilibrio della fisiologica omeostasi in senso generale. Certamente l’esperienza clinica offre spunti di riflessione e, ovviamente, i campi di intervento i privilegiati sono i quadri clinici legati alle specifiche funzioni del linfatico, quindi le patologie circolatorie e immunitarie. Guardando il sistema nel suo insieme, dove i tre diaframmi sono protagonisti, è evidente che l’azione si allarga a svariati ambiti come le infiammazioni aspecifiche del connettivo e del sistema osteoarticolare in genere o le disfunzioni di tipo viscerale.

Abbiamo avuto notevoli riscontri in ambito pediatrico, geriatrico, otorinolaringoiatrico, oftalmico. Una delle osservazioni che ha catturato la nostra attenzione è stata la maggiore capacità del paziente trattato con sblocco linfatico di gestire lo stress psichico. I pazienti intervistati hanno dichiarato una maggior capacità di resistenza alla fatica psicofisica lavorativa e un miglioramento del ritmo sonno/veglia.

 

Sebbene questo approccio non abbia ancora avuto il conforto di uno studio clinico statistico, sono  stati portati a termine per ora alcuni studi pilota presentati ai congressi del Collegio Italiano di Osteopatia a Parma nel 2014 e 2015 riguardo l’utilizzo di questo modello di lavoro sul sistema linfatico per il trattamento dell’ipertensione arteriosa, dell’endometriosi , della fibromialgia, del linfedema degli arti inferiori, della donna in esiti di intervento chirurgico di mastectomia. Queste esperienze presentate con i limiti di uno studio pilota su un numero limitato di casi, hanno dimostrato effetti importanti e al di là dell’obiettivo primario specifico di ciascuno studio, e cioè un benessere generale sia psichico che fisico del paziente, persistito oltre sei mesi dall’ultima seduta.

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