L’approccio osteopatico nel trattamento dell’algodistrofia: case report

di Bodin Roberta, Bolzan Lisa, Gava Ileana, Spalluto Annalisa


La Complex Regional Pain Syndrome tipo 1 (CRPS) è una sindrome caratterizzata da iperpatia e allodinia, disturbi vaso-motori ed alterazioni distrofiche della cute. Una delle prime osservazioni realizzate dall’osteopata Larsonè stata la somiglianza e la responsività al trattamento manipolativo dei segni e sintomi dell’algodistrofia a quelli descritti in associazione con le disfunzioni della zona toracica alta. L’ipotesi di Larson è che nei pazienti con algodistrofia vi sia una disfunzione della zona toracica alta con relativo impegno costale, come avvallato da due successivi studi (Larson e Kappler).
Sulla base di questi studi, Nelson pubblica nel 1997 una review nella quale riporta la frequenza nei soggetti con algodistrofia di disfunzioni somatiche toraciche alte, in particolare tra D2 e D5. La preesistenza rispetto al trauma di tali disfunzioni sarebbe il fattore che, oltre a facilitare l’attivazione delle alterazioni vasomotorie, impedirebbe il ripristinarsi di una situazione fisiologica nonostante la risoluzione del problema periferico [1].


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Queste considerazioni trovano supporto in un articolo del 2000 di Menck, Requejo e Kulig, nel quale l’algodistrofia viene correlata a una ipomobilità e ipersensibilità della zona toracica alta, che viene trattata con una manipolazione (assimilabile nella descrizione a una tecnica strutturale) con buon esito funzionale [2].
Una proposta ulteriore è quella presentata da Kahl Collins nel 2007 in un case report: all’esame dei tender points, risultano positivi (VAS 10/10) settima e quinta costa sinistra e D2-D4. Ritorna il riferimento alla zona toracica alta, non solo come livello vertebrale ma anche nei segmenti costali contigui [3].

Ampliando ulteriormente la nostra ricerca, sono emersi anche altri articoli provenienti dalla letteratura chiropratica: il primo è una review di Muir e Vernon del 2000 sulla relazione tra chiropratica e algodistrofia che, pur sottolineando l’assenza di articoli specifici sul trattamento di questa patologia, riporta alcuni studi sugli effetti della chiropratica in condizioni analoghe. Questi studi (Figar 1964, Vernon 1982) indagano attraverso la pletismografia la reazione dei tessuti alla manipolazione vertebrale, correlandola ad un miglioramento della sintomatologia simil-algodistrofica [4]

A sostegno di ciò abbiamo individuato anche due case report (Bortolotto 2000 [5], Shearer e Trim 2006 [6]) che riportano risultati incoraggianti in due pazienti con diagnosi di algodistrofia trattati con manipolazioni a livello cervicale, toracico e della prima costa.

Altra proposta interessante, nonostante non appartenga alla letteratura indicizzata, è quella proveniente dall’osteopata francese Alain Auberville: l’approccio proposto è essenzialmente di tipo neurologico, con un lavoro sulle flessure encefaliche (regolazione della prima e terza flessura, zona corticale corrispondente, cervelletto). A sostegno di questo approccio citiamo un articolo di neuroscienze di Geha, Baliki et al. del 2008: i pazienti con algodistrofia presentano un’atrofia della sostanza grigia nell’insula anteriore e nella corteccia prefrontale e una diminuzione dell’attività del giro del cingolo, tutte zone cruciali per il controllo autonomico e del dolore [7].

Pur nella eterogeneità degli studi, appare confermata l’importanza della zona toracica alta, con una responsività al trattamento osteopatico incoraggiante sia dal punto di vista della sintomatologia che della funzionalità. Appare cioè opportuno un approccio non focalizzato solo sul problema periferico ma mirato al ripristino della corretta informazione neurovegetativa come facilitazione al percorso di guarigione del corpo.

-> Case report

In relazione a questa tesi bibliografica sull’approccio osteopatico al paziente affetto da algodistrofia proponiamo la presentazione di una case report da noi esaminato. Incuriosite dalla scarsa conoscenza sui meccanismi fisiopatologici che ancora imperversano su questa patologia e dalla scarsità di evidenze scientifiche e materiale bibliografico a disposizione abbiamo deciso d’intraprendere un percorso clinico terapeutico nuovo e personalizzato che potesse darci più informazioni e più risposte a riguardo permettendo all’osteopatia un ingresso da protagonista anche laddove la medicina tradizionale è in difficoltà.

In data 22/02/10 si è presentata nel nostro ambulatorio la sig. M. L. di anni 33 con una diagnosi di sindrome algodistrofica al piede dx, riferendo dolore al piede stesso. Durante la prima seduta è stata compilata un’accurata anamnesi, seguita da una valutazione clinica ortopedica e osteopatica. L’iter di trattamento si è articolato in 4 sedute di trattamento osteopatico della durata di 45 minuti ciascuna, a distanza di circa 10 giorni l’una dall’altra ad eccezione dell’ultima seduta che è avvenuta a circa un mese di distanza dalla precedente. Il trattamento è stato eseguito sempre dallo stesso operatore in ambito ambulatoriale. Ad ogni incontro l’osteopata ha valutato globalmente la paziente ed ha trattato le disfunzioni che riteneva essere più afisiologiche e quelle correlate al disturbo riferito dalla paziente.

Per poter avere dei dati oggettivi e confrontabili al fine di analizzare l’andamento e i risultati ottenuti da questo approccio sono state somministrate due scale di valutazione.

  1. La VAS (Visual Analogical Scale) che permette la misurazione soggettiva del sintomo dolore, è stata somministrata ad ogni trattamento e ha permesso di quantificare l’intensità del dolore in quel momento su una scala da 1 a 10.
  2. La GARS (Gait Assesment Rating Scale), scala di valutazione funzionale della deambulazione indicata per l’analisi dei disturbi del cammino in soggetti con patologie muscolo-scheletriche, è stata somministrata in prima ed ultima seduta. La paziente veniva osservata durante il cammino, e per ogni fase del passo è stato attribuito un punteggio da 0 a 3 (0 il requisito veniva rispettato, 3 il requisito non veniva rispettato) così da ottenere un punteggio da un minimo di 0 (normale deambulazione) ad un massimo di 27 (deambulazione gravemente patologica).

-> Anamnesi

La paziente è un’atleta professionista (specialità: corsa dei 100 metri) e per questo motivo pratica attività sportiva regolare con allenamenti quotidiani di 2-3 ore. Il motivo del consulto è la presenza di dolore al piede dx, localizzato tra scafoide e I metatarso sia in zona dorsale che plantare. Il dolore è presente a riposo e si intensifica durante l’attività motoria tanto da impedire gli allenamenti da 4 mesi.

Il disturbo è comparso nel marzo 2009 durante un allenamento, l’insorgenza è stata graduale, la localizzazione era soprattutto sulla parte dorsale del piede, nella fase propulsiva del passo, con remissione spontanea nella fase oscillatoria. Si era verificata una remissione completa della sintomatologia dopo due mesi di riposo senza terapia alcuna. In seguito, nel mese di ottobre 2009, è ricomparso lo stesso dolore con le medesime caratteristiche, ancora presente al momento del consulto con intensità invariata. Non sono stati assunti farmaci in relazione a questo disturbo.

La RM eseguita a dicembre 2009 ha messo in evidenza aree di ipointensità e sclerosi subcondrale a livello dello scafoide e della base del I metatarso. Nei mesi di novembre e dicembre la paziente ha interrotto l’attività sportiva e ha eseguito cicli ripetuti di chinesiterapia, laserterapia e magnetoterapia senza risultati riferiti.

La paziente descrive lievi problemi di ordine internistico: un soffio telesistolico al cuore, a livello gastro-enterico una modesta stipsi e difficoltà digestive con reflusso gastroesofageo. Ad agosto 2008 si segnala una gravidanza con parto eutocico, a termine, con anestesia epidurale. Indagando i pregressi traumi si segnala nel 2000 un whiplash frontale di lieve entità, senza presenza di sintomi neurologici e sequele, traumi sacrali , distorsioni tibio-tarsiche bilaterali ripetute senza danni ai legamenti. Per quanto riguarda gli interventi chirurgici, la paziente ha subito l’appendicectomia a 8 anni, episiotomia nel 2008 e due interventi di fibrolisi al tendine d’Achille bilaterale tra il 2006 e il 2008.

Si segnala una corretta igiene di vita e l’utilizzo di soli integratori multivitaminici e multiminerali.

-> Prima seduta

Durante il primo consulto sono state somministrate le due scale di valutazione, precedentemente citate, con il seguente punteggio: VA.S 8 e GARS 11. L’osservazione posturale in posizione eretta ha mostrato che il carico è prevalentemente distribuito sull’arto inferiore sx. La valutazione del grande movimento del piede dx ha segnalato: flessione dorsale 15°, flessione plantare 30°, eversione 15° ed inversione 40°.

La valutazione osteopatica della colonna ha messo in evidenza disfunzioni multiple del rachide dorsale, maggiormente concentrate sul tratto dorsale alto (D1-D6) con un tripode su D4. Al piede dx sono presenti disfunzioni sul piano osteoarticolare a livello della sotto-astragalica, scafoide, cuboide e I cuneiforme. Inoltre si è riscontrata un importante tensione della fascia plantare.

Nello specifico le disfunzioni trovate sono riportate nella tab. 1.

Tabella 1 – Prima seduta
Rachide cervicale C0 condilo anteriore dx
C1 in rotazione sx
C2 in rotazione dx

Rachide dorsaleD1 in ERS dx
D2 in ERS sx
D4 tripode dx
D6 in ERS dx
D9 in FRS dx

Rachide lombare

L1-L5 in NSR dx

 

Bacino

Sacro in estensione unilat. dx

 

Arto inferiorePerone basso
Astragalo dx antero-interno
Scafoide dx tubercolo alto
Cuboide dx basso
I cuneiforme dx alto
Tensione alla fascia plantare

 

CranioSBR dx
Ritmo e ampiezza rallentati

Diaframma toracico

Emicupola dx in inspirazione e congestionata

 

 

Il trattamento si è focalizzato in prima seduta sulla correzione delle disfunzioni afisiologiche, partendo dal sacro in estensione unilaterale e dalla compressione dell’occipite con tecnica di energia muscolare; successivamente si è fatto un tentativo di correzione del tripode in tecnica funzionale ma senza ottenere risultati.

A livello del piede con tecniche miste si è corretto l’astragalo, lo scafoide e il cuboide, si è trattata la cicatrice del tendine d’Achille e la membrana interossea.

 

-> Seconda seduta

La paziente non riferisce miglioramenti e continua invariata la sensazione di dolore nella fase propulsiva del passo ( VAS: 8 ). Alla valutazione del rachide, così come del sacro, si ritrovano invariate tutte le disfunzioni registrate nella seduta precedente. La valutazione del piede mostra un miglioramento della mobilità della sotto-astragalica: flessione dorsale 15°, flessione plantare 30°, eversione 20°, inversione 45°.

Tuttavia si segnala un’eccessiva densità dei tessuti periarticolari, le disfunzioni dello scafoide e del cuboide sono ancora presenti. Inoltre si è riscontrato palpatoriamente uno stato generalizzato di congestione e stasi.

 Tabella 2 – Seconda sedutaRachide cervicale

Condili compressi bilateralmente

 

Rachide dorsaleD1 in ERS dx
D2 in ERS sx
D4 tripode dx
D6 in ERS dx
D9 in FRS dx

 

Rachide lombare

L1-L5 in NSR dx

 

BacinoSacro in estensione unilat. Dx
Coccige in flessione e inclinazione dx

 

Arto inferiorePerone basso
Scafoide dx tubercolo alto
Cuboide dx basso
Tensione alla fascia plantare

CranioSBR dx
Ritmo e ampiezza rallentati

Diaframma toracico

Emicupola dx in inspirazione e congestionata

 

 

Per quanto riguarda il trattamento, iniziando dal bacino si è trattato il sacro con tecnica funzionale e il coccige con tecnica membranosa per il rilascio delle tensioni legamentose seguita da tecnica funzionale per via esterna per la correzione della flessione e dell’inclinazione laterale.

Le disfunzioni dorsali sono state trattate con tecnica ad energia muscolare e fasciale con immediato miglioramento, diversamente dalla disfunzione tripode che non mostra sostanziali modifiche nonostante la correzione con tecniche Mitchell. A livello del piede dx si è ripetuto il lavoro eseguito nella seduta precedente a cui è seguita una tecnica di svolgimento fasciale della tibio-tarsica e di riequilibrio fasciale globale dell’arto inferiore che mette in relazione L5 con la sotto-astragalica.

La seduta si è conclusa con delle tecniche di drenaggio generale visto lo stato di congestione generalizzata della paziente.

 

-> Terza seduta

In questa seduta la paziente ha riferito di aver trovato un notevole beneficio dal trattamento precedente, il dolore a livello dello scafoide viene percepito di intensità minore (VAS: 4) e solamente sul versante plantare. Alla valutazione la stasi generale appare migliorata, la relazione tra i diaframmi ha acquistato maggior sincronia rispetto alla valutazione precedente; permane una congestione a livello dei tessuti periarticolari della caviglia ed una forte tensione della fascia plantare.

L’esame della colonna dorsale segnala una buona mobilità di tutti i livelli ad eccezione del segmento D4-D5 dove si ritrova immodificato il tripode dx.
Anche a livello del piede le disfunzioni di scafoide e cuboide sono ancora presenti ma con un miglioramento della qualità dei tessuti e del ROM: flessione dorsale 25°, flessione plantare 35°, eversione 25°, inversione 45°. All’ascolto dell’addome le tensioni fasciali portano in zona epatica.

  Tabella 3 – Terza sedutaRachide cervicale

Condili compressi bilateralmente

 

Rachide dorsale

D4 tripode dx

 

Bacino

Coccige in flessione

 

Arto inferioreScafoide dx tubercolo alto
Cuboide dx basso
Tensione alla fascia plantare

 

Cranio

SBR dx

 

Diaframma toracico

Emicupola dx in inspirazione e congestionata

 

 

Per quanto riguarda il trattamento, iniziando dalla compressione di C0-C2 si è passati a trattare il tripode, questa volta con tecniche TGO seguite da tacniche fasciali, fino ad arrivare al coccige utilizzando un V-spread con rinvio liquido dal pube. Viste le tensioni in area epatica e la situazione di stasi in area addominale si è ritenuto conveniente fare delle tecniche di drenaggio epatico. Per quanto riguarda il piede si sono utilizzate tecniche fasciali per le disfunzioni ancora presenti.

 

-> Quarta seduta

Dopo l’ultimo trattamento la paziente riferisce una totale scomparsa della sintomatologia (VAS: 0) . Riferisce la ripresa degli allenamenti in modo graduale con la capacità di eseguire 5 giri attorno alla pista senza dolore ma solo lamentando una sensazione di tensione alla fascia plantare. Anche il valore della GARS conferma il miglioramento da un punto di vista funzionale dando un indice di 0.
La valutazione del rachide evidenzia numerose disfunzioni semplici del tratto dorsale alto e medio e sempre immodificata la disfunzione complicata su D4.

Il piede conserva le medesime disfunzioni presenti fin dalla prima seduta, lasciando intuire la longevità che, negli anni, ne hanno caratterizzato lo schema di movimento. Tuttavia, il riscontro palpatorio, decisamente più elastico ed il miglioramento del ROM, si pongono come indicatori oggettivi del miglioramento articolare ottenuto: flessione dorsale 30°, flessione plantare 45°, eversione 30°, inversione 45°.

  Tabella 4 – Quarta sedutaRachide dorsaleD2 in ERS sx
D4 tripode dx
D6 in FRS sx
D7 in ERS dx
D8 in ERS dx
D9 in FRS dx

 

Rachide lombare

L1-L5 in NSR sx

 

Bacino

Iliaco sx anteriore

 

Arto inferioreScafoide dx tubercolo alto
Cuboide dx basso

 

Cranio

SBR dx

 

Diaframma toracico

Emicupola dx in inspirazione e congestionata

 

 

 

Il trattamento ha previsto la correzione delle disfunzioni dorsali semplici con tecniche fasciali e Mitchell e trattamento dell’iliaco anteriore con tecnica strutturale seguita da lavoro sul pavimento pelvico. Sul piede si è ripetuto il lavoro delle sedute precedenti volto a migliorare la mobilità di scafoide e cuboide e ridurre la tensione a livello della fascia plantare. Concludendo il trattamento ci si è soffermati sul trattamento del diaframma toracico, sulla messa in relazione dei 3 diaframmi e sul rilancio cranio-sacro. A distanza di circa un mese dalla fine del trattamento osteopatico la paziente ha riferito che il dolore al piede non è più ricomparso nonostante la ripresa degli allenamenti giornalieri e il potenziamento muscolare intensivo in palestra.

 

-> Risultati e conclusioni 

La sintomatologia dolorosa si è ridotta significativamente tra una seduta e l’altra passando da un valore della VAS di 8 nella prima seduta ad un valore di 0 nell’ultima seduta. I valori della scala di valutazione funzionale sono passati da 11 nella prima seduta a 0 nell’ultima confermando la piena ripresa funzionale dell’arto inferiore.

Sia i valori ottenuti dalle scale di valutazione sia il riscontro palpatorio registrato dall’osteopata in termini di densità dei tessuti, quantità e qualità del micromovimento hanno dato ottimi risultati. E’ da sottolineare il fatto che nonostante l’utilizzo di diverse tecniche che hanno dato buoni risultati sulla normalizzazione delle disfunzioni segmentali semplici del tratto dorsale, il tripode a livello di D4 non si è corretto.

I risultati ottenuti non ci permettono di attribuire con certezza tutti i meriti al trattamento osteopatico visto il poco peso statistico attribuibile ad un singolo caso trattato, tuttavia i miglioramenti ottenuti sono oggettivi, la paziente è tornata ad allenarsi e gareggiare senza più alcuna sintomatologia di natura algica.

-> Bibliografia relativa alla parte osteopatica:

  1. Nelson EN: Osteopathic medical considerations of reflex symphatetic dystrophy. JAOA 1997, 97(5):286-289.
  2. Menck JY, Requejo SM, Kulig K: Thoracic spine dysfunction in upper extremity complex regional pain syndrome type 1. Journal of Orthopaedic & Sports Physical Therapy 2000, 30(7):401-409.
  3. Kahl Collins C: Physical therapy management of complex regional pain syndrome I in a 14-year-old patient using strain counterstrain: a case report. The Journal of Manual & Manipulative Therapy 2007, 15(1):25-41.
  4. Muir JM, Vernon H: Complex regional pain syndrome and chiropractic. Journal of Manipulative and Physiological Therapeutics 2000, 23(7):490-497.
  5. Bortolotto J: Reflex sympathetic dystrophy: an enigmatic improvement with spinal manipulation. J Can Chiropr Assoc 2000, 44(4):245-251.
  6. Shearer HM, Trim A: An unusual presentation and outcome of complex regional pain syndrome: a case report. JCCA 2006, 50(1):20-26.
  7. Geha PY, Baliki MN, Harden RN, Bauer WR, Parrish TB, Aprakian AV: The brain in chronic CPRS pain: abnormal gray-white matter interactions in emotional and autonomic regions. Neuron 2008, 60(4):570-581.

 

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