Neural control of the ANS: blockade, lesion, and structural and functional imaging results

Julian Thayer

Julian Thayer, PhD, University of Columbus, OH, USA, dal seminario “Attualità sul Sistema Nervoso Autonomo: dal laboratorio sperimentale alle applicazioni cliniche“ – Parma, maggio 2018

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CONTROLLO NEURALE DEL S.N.A.

“Il cuore quando è colpito reagisce sul cervello e lo stato del cervello, a sua volta, ha delle influenze sul cuore attraverso il nervo vago; quindi in seguito a qualunque tipo di eccitazione ci sarà una mutazione e reazione tra cuore e cervello, che sono i due organi più potenti del corpo”.

Claude Bernard già nell’800 si era accorto di come il cuore e il cervello fossero intimamente correlati nel loro funzionamento.
Tutti gli organi del corpo umano sono innervati dal sistema nervoso simpatico e, ad esclusione di poche eccezioni, dal sistema parasimpatico. Dobbiamo altresì comprendere che l’organismo non riconosce la differenza tra Il sistema nervoso autonomo (SNA), il sistema neuro endocrino, il sistema immunitario: l’organismo cerca solamente di dare una risposta integrata alle sfide con cui si deve confrontare. Il bilanciamento del SNA, misurato con strumenti adeguati, è in grado di predire la mortalità e la morbidità di ogni patologia e può spiegare come nella malattia e nella psicologia si debbano prendere in considerazione fattori psicosociali.
Sappiamo con certezza che quando il tono simpatico è alto e quello parasimpatico basso, si attivano dei fattori metabolici, trofici, immunitari, emodinamici e trombotici che sono associati, nella maggior parte dei casi, ad una varietà di malattie quali diabete, aterosclerosi, sindrome metabolica e disfunzioni immunitarie.
Oggigiorno è necessario lavorare con un modello di integrazione neuro-viscerale in quanto sono state identificate una serie di strutture neurali relazionate alla variabilità del battito cardiaco (Thayer, NBR, 2009)(*1)
La variabilità della frequenza cardiaca (hrv) è il metro di misura dello stato di salute del sistema nervoso autonomo. L’hrv rappresenta il tempo intercorrente tra due battiti cardiaci rispetto al battito cardiaco precedente, misurato nel dominio del tempo e nel dominio delle frequenze.
Una maggiore hrv è associata ad un maggiore tono inibitorio della corteccia prefrontale e, poiché sappiamo che la mancanza di questo tono inibitorio porta ad una risposta di minaccia indifferenziata nei confronti dello stressor, la risposta diventa stereotipata e abnorme e alimenta a sua volta un maggiore tono simpatico e un minore tono parasimpatico, creando un loop disfunzionale.
Gli studi innovativi che hanno dimostrato inequivocabilmente i network cuore-cervello e intestino-cervello hanno utilizzato dei traccianti che, sinapsi per sinapsi, hanno evidenziato le vie neurologiche di collegamento .
Per quanto riguarda il cuore, per esempio, sappiamo che è controllato dal vago di destra nel nodo del seno e dal vago di sinistra nel nodo atrio-ventricolare in pochi millisecondi, mentre al contrario il sistema ortosimpatico ha un percorso che prevede diverse sinapsi e risulta quindi ben più lento nella sua azione.
Traducendo questo concetto in un chiaro esempio di vita quotidiana viene semplice comprendere come sia il vago in realtà a salvarci in una situazione estrema come evitare un incidente stradale, una tipica reazione di fly or fight, tramite la sua capacità di modularsi.
Quello che sappiamo è che il vago “frena” costantemente il sistema nervoso autonomo in quanto, senza tono parasimpatico, la frequenza cardiaca di base sarebbe di 110 battiti al minuto; sappiamo inoltre che quando si parla di hrv bisogna pensare principalmente al vago di destra perché ha un’influenza diretta al nodo del seno, pacemaker del cuore.
Questa azione di freno del vago oltre ad agire sul battito cardiaco, agisce sulla pressione arteriosa, sui livelli di glucosio, di cortisolo e sugli stati infiammatori in generale.
È importante sottolineare che esiste un’alta affidabilità tra hrv e indicizzazione dell’attività del nervo vago: più è alta la variabilità della frequenza, meglio sta modulando il vago e più lo stato di salute generale è elevato.
In generale, il nervo vago diventa importante per qualsiasi disciplina che ne potenzi il controllo in quanto ha la straordinaria capacità di modulare tutto il sistema immunitario grazie al meccanismo antiinfiammatorio colinergico afferente dovuto principalmente all’interazione delle informazioni che arrivano al nucleo del tratto solitario e alla corteccia prefrontale.
Il meccanismo, studiato sui ratti e sui primati, è stato evidenziato grazie a particolari traccianti ad azione retrograda iniettati nel cuore; la sostanza percorreva le vie neurali fino a sedimentarsi nel nucleo del tratto solitario, nel nucleo ambiguo e nel dorsale del vago, nella sostanza grigia periacqueduttale, nell’amigdala, nella corteccia cingolata, nell’insula fino a giungere alla corteccia prefrontale (PFC) e alla corteccia orbito-frontale (OFC).
Le strutture coinvolte in questo meccanismo creano un asse funzionale chiamato “asse mediale prefrontale del tronco encefalico”.
Grazie alla modulazione tra la corteccia prefrontale e il nucleo del tratto solitario si hanno effetti del nervo vago direttamente sul sistema immunitario o, per esempio, sui recettori GLP1 del sistema gastro enterico i quali influenzano i livelli di glucosio nel sangue e, conseguentemente, lo stato di infiammazione generale dell’organismo.
Ciò che interessa nella pratica clinica osteopatica è che questo asse funzionale può esser stimolato senza ricorrere ai farmaci.
La modulazione della corteccia prefrontale sulla funzione del nervo vago si è evidenziata con una particolare metodica utilizzata negli interventi di neurochirurgia per l’epilessia in cui viene iniettato sodio-barbitolo nella carotide comune di dx o sx che causa un’inattivazione della porzione anteriore dell’encefalo ipsilaterale all’inoculazione.
Come si ipotizzava, questa inattivazione della corteccia prefrontale era responsabile della modulazione del tono simpatico eccitatorio, con conseguente immediato aumento della frequenza cardiaca e una diminuzione dell’hrv e questo effetto lo si è visto maggiormente attraverso la corteccia di destra e il vago di destra: inibendo la modulazione della corteccia prefrontale si ha quindi una risposta aspecifica di stress (Ahern et al., Epilepsia, 2001)(*2)
Gli studi a seguire hanno dimostrato come il tono inibitorio sul sistema eccitatorio simpatico da parte della corteccia prefrontale dipenda dall’età e, quindi, dal grado di sviluppo della corteccia stessa la quale vede il termine del suo sviluppo attorno ai 20 anni e l’inizio dell’involuzione dopo i 40 anni.
I pazienti più giovani subivano un effetto minore e meno lateralizzato, i pazienti di media età mostravano un effetto maggiore e lateralizzato principalmente a destra mentre nel gruppo di età avanzata l’effetto tornava ad essere minore ma ben evidente e diffuso su entrambi i lati (Thayer et al., Neuroimage, 2016(*3) e Brain Structure and Function, 2017(*4), 2018(*5))
Diversi studi di importanza rilevante inoltre hanno mostrato:

  •  una correlazione diretta tra lo spessore della corteccia cingolata dorsale anteriore, i battiti cardiaci a riposo e la qualità dell’hrv (Thayer et al., Psychophysiology,2018)(*6)
  • una relazione tra lo spessore della corteccia cingolata mediale anteriore destra (aMCC) e il miglior controllo parasimpatico del cuore (Thayer et al., BSF, 2017)(*4)
  • una dipendenza funzionale dell’hrv dal risultato della modulazione dell’amigdala da parte della corteccia mediale prefrontale (mPFC) e dalla corteccia cingolata anteriore (ACC) (Thayer et al., Neuroimage, 2016)(*3) .

I risultati sorprendenti delle neuroscienze ci mostrano che le stesse aree funzionali correlate all’hrv sono coinvolte anche nella modulazione del sistema immunitario ed endocrino e quindi studiare queste regioni del cervello sta aprendo prospettive di neuro-integrazione del tutto innovative. (Thayer et al., NBR,2011)(*7)
Il passo successivo è stato studiare persone che avessero subito danni cerebrali o avessero mal-funzionalità della corteccia prefrontale mediale (mPFC), la quale gioca un ruolo importante nella regolazione delle emozioni in situazioni stressogene (in questo caso, uno stress ortostatico e uno stress sociale). Sorprendentemente, rispetto a ciò che ci si attendeva, si sono registrati risultati differenti rispetto al sesso: le donne con danno alla mPFC, in situazioni di stress sociale, registravano più alti livello di cortisolo rispetto ai maschi, che nella stessa situazione, mostravano una diminuzione di cortisolo. Nel test ortostatico invece i maschi mostravano una disregolazione del sistema nervoso autonomo del cuore con battiti cardiaci alti e alte frequenze più basse nell’hrv (Thayer et al., Psychoneuroendocrinology, 2010)(*8).
Nel lavoro già citato del dott. Thayer su Neuroimage del 2016(*3) una relazione importante che emerge è che la corteccia mediale prefrontale (mPFC) e la corteccia cingolata anteriore (ACC) modulano l’attivazione dell’amigdala durante la “percezione” delle emozioni, sia nei giovani che negli anziani.
Più alta è la connessione tra mPFC e amigdala, più alto è l’hrv e, di conseguenza, maggior controllo sulle situazioni di stress e minaccia. L’unica differenza correlata all’età è che nei giovani vi è un maggior hrv rispetto agli anziani dipendente dalle migliori connessioni tra l’amigdala e la corteccia prefrontale ventro-laterale (vlPFC) facendo comprendere come questa parte del cervello sia coinvolta nella regolazione delle emozioni nei giovani adulti che risultano, quindi, maggiormente in grado di modularle.
Quindi la variabilità della frequenza cardiaca ci dà anche un’idea di come funziona il cervello umano.
In ulteriori pubblicazioni su modello animale si è dimostrata, attraverso tecniche ad iniezione di soluzioni per individuare aree cerebrali coinvolte, la localizzazione dei neuroni esclusivamente parasimpatici.
I topi hanno mostrato un pathway bilaterale (Ter Horst and Postema, American Journal of Physiology, 1997)(*9)mentre nei primati si è mostrata una lateralizzazione; 74,8% dei neuroni sull’asse destro e 25,2% sulla parte sinistra (Chuang et al., Chinese Journal of Physiology, 2004)(*10).
È anche per questo che nelle terapie manuali, gli imput sul vago di destra hanno un loro fondamento.
Un ultimo studio che vale la pena di mostrare, ha evidenziato il “cortical pathway to the muscles” ossia il percorso neuronale che viene attivato in situazioni emotive e di stress e vede il dialogo tra corteccia prefrontale (PFC), surrene ed intestino e tra PFC, corteccia motoria e muscoli (Dum et al., PNAS, 2016)(*11) : quindi, ogni emozione provata nel nostro organismo non solo investe la corteccia prefrontale e diversi organi come ci suggerisce la psicologia clinica dell’ultimo secolo ma passa anche attraverso le aree motorie che andrebbero poi ad influenzare principalmente pattern di attivazione muscolare relativi a muscoli del torace e dell’addome.
In conclusione quindi, questo controllo neurale della fisiologia periferica coinvolge organi i quali hanno una via d’innervazione top-down specifica in parallelo al controllo motorio di alcune parti del corpo e, dai risultati clinici ottenuti al CIO nel laboratorio dello stress, si può ipotizzare che attraverso la manipolazione osteopatica vi sia anche un’influenza retrograda di tipo bottom-up di questi due pathway, i quali andrebbero ad influenzare una miriade di organi connessi con lo stato di salute/malattia dell’organismo.

Bibliografia

  1. Thayer, NBR, 2009 https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/18771686
  2. Ahern et al., Epilepsia, 2001 https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/11488892
  3. Thayer et al., Neuroimage, 2016 https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/27261160
  4. Thayer et al., Brain Structure and Function, 2017 https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26801184
  5. Thayer et al., Brain Structure and Function, 2018 https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28921167
  6. Thayer et al., Psychophysiology,2018 https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/29215142
  7. Thayer et al., NBR,2011 https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22178086
  8. Thayer et al., Psychoneuroendocrinology, 2010 https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19783103
  9. Ter Horst and Postema, American Journal of Physiology, 1997 https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/9435633
  10. Chuang et al., Chinese Journal of Physiology, 2004 https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/15481792
  11. Dum et al., PNAS, 2016 https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/27528671

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