Trattamento del dolore in pazienti affetti da endometriosi con approccio manipolativo osteopatico

a cura di: Marcello Manduchi, Lia Montalti, Nicola Tamburini, Lucia Zamagni

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È stimato che soffrano di endometriosi 14 milioni di donne dell’Unione Europea, 5,5 milioni nel Nord America e 150 milioni nel mondo (dati ONU). In Italia, nel 2004, una rilevazione del Censis bureaux ha evidenziato che la malattia potrebbe interessare 2.902.873 di donne su una popolazione di 58.057.477.

 

L’endometriosi è una condizione patologica provocata dalla crescita di tessutoendometriale in sedi anomale al di fuori della cavità uterina. È generalmente limitata alle superfici peritoneali o sierose degli organi addominali, le ovaie, i legamenti larghi, il cavo di Douglas e i legamenti utero-sacrali; meno comunemente interessa la superficie sierosa dell’intestino tenue o crasso, gli ureteri, la vescica, la vagina, le cicatrici chirurgiche, le pleure e il pericardio. Si tratta di una malattia con caratteristiche singolari e va distinta dalla patologia infiammatoria e neoplastica. L’endometrio ectopico risente come la normale mucosa uterina degli stimoli da parte degli ormoni ovarici, soprattutto estrogeni, e assume quindi atteggiamenti proliferativi e funzionali simili a quelli che si verificano nell’endometrio normale (sfaldamento e sanguinamento). E’ una patologia complessa, benigna, anche se ha tendenza ad avere un andamento progressivo manifestandosi come una patologia cronica.

 

Il dolore pelvico, tipicamente cronico e ricorrente, rappresenta il sintomo principale dell’endometriosi. Solitamente compare 24-48h prima del ciclo, talvolta scompare con l’arrivo del flusso o permane per tutta la sua durata. Con l’evolvere della malattia il dolore non solo tende a farsi più forte, nella sua ciclica comparsa, ma anche a protrarsi nel tempo e si associa a dolenzia pelvica di tipo gravativo, senso di tensione continuo e permanente malessere nel quale si inseriscono le crisi dolorose mestruali sempre più intense. Associati al tipico dolore addominale, si presentano dolori pelvici o sacrali che possono essere uni o bilaterali ed irradiarsi agli arti inferiori o all’inguine. L’acme della sintomatologia viene raggiunta verso i 30-35 anni, soprattutto se la paziente non è stata curata in modo adeguato e non ha mai portato a termine una gravidanza. Lesioni sull’intestino crasso o sulla vescica possono provocare dolore durante defecazione e minzione, in associazione a distensione addominale. I sintomi urinari comprendono pollachiuria, disuria, ematuria e sintomi d’idronefrosi. Durante i rapporti sessuali, può insorgere dolore (dispareunia, 40% dei casi) che si protrae anche una o due ore dopo il rapporto.

 

Particolarmente complessa e fortemente dibattuta risulta la pur inequivocabile relazione esistente fra endometriosi ed infertilità. Se è plausibile che nelle forme moderate/severe di endometriosi (stadio III e IV) la sterilità sia primariamente dovuta ad un fattore meccanico ovvero alla sovversione della normale anatomia pelvica (es. alterazioni del rapporto tubo-ovarico), non è ancora ben chiarito il perché dell’infertilità/sub-infertilità nelle donne affette da endometriosi minima/lieve (stadio I e II), ovvero in assenza di aderenze e di lesioniendometriosiche gravi. Ad oggi sembra che nessuno dei meccanismi ipotizzati possa da solo spiegare in maniera univoca la sterilità nell’endometriosi e che invece questa riconosca un’eziologia multifattoriale.

 

Nel sintomo della dismenorrea, il dolore compare generalmente, in una prima fase, solo in periodo mestruale e in pazienti che non avevano mai avuto mestruazioni dolorose; nelle adolescenti il dolore può invece comparire già al menarca. La sintomatologia inizia qualche giorno prima del flusso e tende ad accentuarsi durante, ma soprattutto alla fine della mestruazione; questo dolore ciclico è causato dal rigonfiamento e dalla fuoriuscita di sangue nei tessuti circostanti di focolai endometriosici, provocando infiammazione e dolore. Durante l’evoluzione della malattia il dolore aumenta la sua intensità e la sua durata fino ad arrivare ad una dolenzia pelvica permanente, causata da un numero sempre maggiore di endometriomi e da un aumento del loro volume. I disturbi iniziano generalmente nella pubertà fino ad arrivare al loro apice intorno ai 30-35 anni della paziente, anche se esiste una parte di casi in cui la sola manifestazione è l’infertilità.

Altri sintomi minori sono: stanchezza cronica, stipsi, gonfiore addominale.

 

L’endometriosi è una malattia cronica complessa che può avere un forte impatto su aspetti emotivi, sociali, psicologici e lavorativi e può ridurre il benessere e la qualità di vita delle donne che ne sono affette. Il lungo percorso che le pazienti sono costrette ad affrontare prima di una diagnosi certa fa sì che l’impatto emotivo sia importante e spesso venga messa in discussione la veridicità della loro sintomatologia. Una delle conseguenze più difficili da accettare è la possibilità di sterilità nel 30-40% dei casi. Questo grande ostacolo che caratterizza la malattia spesso viene associato a sentimenti di inadeguatezza e incompletezza per la perdita del proprio ruolo biologico.

 

> Il nostro studio

L’esperienza ha dimostrato, empiricamente, che i trattamenti osteopatici anche se non diretti primariamente alla patologia, portano ad un miglioramento di tale sintomatologia. Da questa esperienza e dall’assenza in letteratura di studi specifici si è pensato di approfondire l’argomento. Lo scopo di questa tesi è stato misurare mediante l’applicazione di scale di valutazione l’effettiva riduzione della sintomatologia algica e il miglioramento della qualità di vita delle pazienti. Non semplice è stato il reclutamento delle stesse e lo studio non è esaustivo sull’argomento, ma molti dati interessanti sono emersi e speriamo di aver aperto una strada che continuerà ad essere percorsa dopo di noi.

 

 

> Materiali e metodi

Il progetto ha coinvolto quattro studenti osteopati, inscritti al sesto anno della scuola di osteopatia Collegio Italiano di Osteopatia (C.I.O.) di Bologna, per un periodo di 6 mesi durante i quali sono state trattate 19 pazienti.

Le pazienti sono state reclutate con l’aiuto del reparto di ginecologia ed ostetricia dell’ “O.C. Infermi diRimini”, dell’associazione “A.P.E. Onlus” e di colleghi e ginecologi con i quali collaboriamo.

I criteri di inclusione delle pazienti sono stati:

  • età compresa tra i 20 e i 45 anni;
  • intervento laparoscopico diagnostico
  • presenza di dolore significativo (VAS superiore a 3)

 

Gli elementi che diversificavano il campione sono stati l’utilizzo di terapia ormonale (metà delle pazienti ne facevano uso e l’altra metà no), la localizzazione delle lesioni endometriosiche e il tempo intercorso tra intervento chirurgico e trattamento osteopatico.

 

Lo studio affrontato è stato svolto cercando di ridurre al massimo la variabilità operatore dipendente. Questo è stato possibile pianificando un protocollo operativo a cui tutti gli operatori si sono attenuti ed effettuando una serie di incontri preparatori durante i quali si è lavorato sulla manualità osteopatica. Le pazienti sottoposte a trattamento sono state precedentemente informate delle caratteristiche dello studio e sottoposte a test valutativi (SF-36 e VAS) somministrati in prima seduta ed a distanza di una settimana dalla decima.

 

I limiti del nostro progetto sono rappresentati dallo scarso campione delle pazienti, dalla variabilità dello stadio della malattia e dalla differente terapia ormonale effettuata; tutte queste variabili hanno reso il gruppo poco omogeneo, nonostante si siano riscontrati comunque dei miglioramenti sintomatologici comuni.

 

> Protocollo operativo

Il ciclo di trattamento è consistito in 10 sedute, sette delle quali a cadenza settimanale, l’8° seduta dopo 15 giorni, la 9° seduta dopo 21 giorni e la 10° seduta dopo 1 mese. Nelle prime tre sedute si è lavorato sull’eliminazione a livello strutturale delle disfunzioni (afisiologiche) e sul riequilibrio del sistema fasciale globale. Dalla quarta seduta in poi si è attuato il protocollo specifico, fino alla decima seduta, eliminando comunque le varie disfunzioni osteopatiche che si ripresentavano di volta in volta.

L’aspetto che ci è sembrato originale in questo lavoro è  stato l’affrontare il dolore pelvico non solo con tecniche manuali sulla struttura, ma bensì attraverso il ripristino di un corretto scorrimento emolinfatico. A tale scopo è stato effettuato un protocollo di sblocco linfatico, attraverso il riequilibrio dei tre diaframmi (cranico, toracico e pelvico) e utilizzando sia tecniche classiche che innovative (tecnica fasciale crociata, sovrapubica, inguinale, centro frenico) . Migliorando la circolazione pelvica, non solo si è ridotto il dolore con un conseguente incremento della qualità di vita delle pazienti, ma è aumentata la durata nel tempo dell’effetto manipolativo.

Sono state utilizzate numerose tecniche osteopatiche, poiché nelle pazienti con endometriosi i distretti anatomici implicati sia dal sistema linfatico che dal circolo venoso si sono presentati sempre in una situazione di costrizione e congestione e  l’intervento osteopatico, essendo globale e causale, è intervenuto su tutti i livelli implicati.

 

> Elaborazione dati

VAS

All’elaborazione dei dati può rilevare un valore medio iniziale della VAS di 7/10 e un valore medio finale pari a 4/10. Questo dimostra una riduzione del punteggio finale rispetto a quello iniziale in tutti i casi analizzati, per un valore medio pari a 3/10. Abbiamo quindi successivamente analizzato questi dati utilizzando un test T di STUDENT, che ha evidenziato un miglioramento statisticamente significativo con P= 0,000

Per studiare se la differenza “prima-dopo” nei punteggi VAS dipendesse dalle variabili indipendenti abbiamo sottoposto ad analisi statistica, mediante una regressione lineare, i valori VAS delta con le variabili presenti nel nostro studio (Operatore, Età, Peso, Altezza, BMI, Farmaco, Tempo dall’intervento) e come mostra la tabella non è presente significatività statistica.

 

 

 


VAS Significatività

SF36

In tutti gli otto item dell’SF-36 c’è stato un incremento medio dei valori; particolarmente significativi i campi Limitazione Ruolo Fisico (+25) e Dolore Fisico (+20,85).

Abbiamo quindi successivamente analizzato questi dati utilizzando un test T di STUDENT, che ha dimostrato una significatività statistica (p < 0,05) dei valori ottenuti, tranne quelli riferiti a Vitalità (VT), Limitazioni Ruolo Emotivo (RE) e Salute Mentale (SM).

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

SF36 T STUDENT

 


Per studiare se la differenza “prima-dopo” nei punteggi SF36 dipendesse dalle variabili indipendenti, abbiamo sottoposto ad analisi statistica mediante una regressione lineare i valori SF36 delta medi delle 8 scale con le variabili presenti nel nostro studio (Operatore, Età, Peso, Altezza, BMI, Farmaco, Tempo dall’intervento). Come mostra la Tabella non è presente significatività statistica, tranne per i valori relativi a Limitazione Ruolo Emotivo (RE) in correlazione con le variabili Tempo dall’Intervento.

A fronte dei dati analizzati, si evince che il trattamento osteopatico ha dato su tutte le pazienti dei risultati positivi sia sull’aspetto puramente algico (VAS) sia sulla qualità di vita in generale (SF36). Gli elementi individuati come variabili non hanno condizionato i risultati ottenuti.

Non abbiamo elaborato a livello statistico i dati raccolti riguardanti le disfunzioni osteopatiche in quanto il ridotto numero del campione non permetteva un’analisi significativa. Nonostante ciò, nella raccolta delle disfunzioni abbiamo notato delle tipicità ricorrenti.

 

Le disfunzioni afisiologiche principali da un punto di vista osteo-articolare sono state a livello del bacino: il 20% delle pazienti presentava un up slip iliaco e il 60% uno share anteriore del sacro, cosa che fa supporre un coinvolgimento del sistema nervoso autonomo parasimpatico che innerva l’apparato genitale femminile.

A  livello del rachide da D4 a D6 sono state riscontrate un 60% di disfunzioni afisiologiche (di cui 60% traslazioni e 40% tripodi, secondo la classificazione di Webster). La maggior parte delle disfunzioni in traslazione eranopsico-viscero-somatiche verosimilmente perchè la componente stressogena va ad alterare la frequenza cardiaca che è controllata dal punto di vista neuro vegetativo dai livelli somatici D4 e D5. La stessa componente stressogena interessa il diaframma che, inserendosi anteriormente al corpo di D6, esercita una forte trazione sul corpo della vertebra stessa.

Nel tratto D12 e L1 si riscontrano un 80% di disfunzioni in seconda legge probabilmente corrispondenti all’innervazione ortosimpatica dell’apparato genitale femminile. A livello occipitale era presente un 45% di disfunzioni in traslazione ricollegabili alle disfunzioni sacrali.

Nel 70% dei casi si è rilevato un OTS sinistro maggiormente denso dal punto di vista linfatico, associato ad una rotazione posteriore della clavicola  che giustificano lo scarso drenaggio linfatico.

Dal punto di vista viscerale le pazienti riferivano colon irritabile e gastralgia a causa di problemi stressogeni e ansiogeni. Dal punto di vista palpatorio abbiamo rilevato una scarsa motilità renale e congestione epatica.

Il 50% delle pazienti riferivaì lombalgia ricorrente, il 30% lombalgia e cervicalgia associate e il restante 20% cervicalgia.

>Conclusioni

Affrontando questa tesi, oltre a quello che è stato il risultato di comprova clinica, possiamo affermare che questa patologia si manifesta come una problematica da affrontare in termini multidisciplinari. Essa coinvolge in prima istanza il medico ginecologo, lo psicologo e, come dimostrato da questo studio pilota, l’osteopata con buoni risultati su alcune  tipiche manifestazioni patologiche. Essendo coinvolti dal punto di vista funzionale oltre all’apparato genitale, l’equilibrio neuro-vegetativo e di conseguenza la sfera psichica, è risultata alterata la biomeccanica non solo pelvica, ma del rachide nel suo insieme e, dal punto di vista viscerale, tutta la zona addominale e toracica. L’aspetto che ci ha sorpreso di più non è solo la diminuzione del dolore, ma il miglioramento della qualità di vita manifestatosi con una netta riduzione della stanchezza cronica, sintomo che queste pazienti spesso denunciano, senza ottenere risposta alcuna.

Pur essendo intercorso poco tempo dal termine dello studio, abbiamo notato una migliore resistenza al carico lavorativo, e quindi un minor assenteismo sul luogo di lavoro. Per nostra scelta questo lavoro di tesi è solo l’inizio di uno studio laboratorio di ricerca che avrà come obiettivo un importante aumento della casistica, un perfezionamento delle tecniche del protocollo, il miglioramento dei risultati ottenuti e misurati con SF36 e VAS, un rapporto più collaborativo con gli specialisti di settore ma soprattuttoil confronto dell’efficacia del trattamento osteopatico tra due differenti gruppi: uno in trattamento farmacologico e osteopatico e l’altro in solo trattamento farmacologico.

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