Una prospettiva neuroscientifica sul trattamento fisico della cefalea e della cervicalgia

Mal di testa

di René Castien e Willem De Hertogh

Front. Neurol., 26 March 2019 | https://doi.org/10.3389/fneur.2019.00276

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La cefalea tensiva e l’emicrania, tipologie maggiormente diffuse delle cefalee primarie, sono spesso associate alla cervicalgia.
I pazienti affetti da tali patologie hanno a disposizione varie opzioni terapeutiche come ad esempio strategie di autogestione, trattamenti farmacologici e la terapia manuale. Sebbene quest’ultimo trattamento sia applicato prevalentemente al rachide cervicale, il contesto neurofisiologico della terapia manuale risulta poco chiaro ma le recenti conoscenze nell’ambito neuroscientifico possono aiutare nel ragionamento clinico sulla terapia manuale applicata alla cefalea.
Nel presente articolo sono riassunte le scoperte neuroanatomiche e neurofisiologiche tratte da studi sperimentali su soggetti animali e umani, riguardanti la cefalea e la cervicalgia. Alcuni modelli neurofisiologici (dolore riferito, sensibilizzazione centrale) vengono proposti con l’obiettivo di comprendere la coesistenza di cefalea e cervicalgia. La comprensione di questo meccanismo può rappresentare un valore aggiunto nell’utilizzo della terapia manuale come opzione di trattamento per i pazienti affetti da cefalea e cervicalgia.

Introduzione

La cefalea causa considerevole dolore e disagio nella vita quotidiana delle persone che ne sono affette. Inoltre essa comporta un rilevante onere per la società: è stato stimato che solo in Europa la cifra ammonta a 173 miliardi di euro all’anno.
A livello globale le tipologie più diffuse di cefalee primarie sono la cefalea di tipo tensivo e l’emicrania, entrambe spesso associate alla cervicalgia.
Un recente studio condotto su una popolazione aperta ha riferito che il 68,4% dei soggetti affetti da cefalee primarie ha sofferto per un anno prevalentemente di cervicalgia rispetto ai soggetti non affetti da cefalee primarie (85,7 vs 56,7%; OR 3,0, 95% CI 2,0-4,4). In seguito alla correzione dei criteri in base all’età, al sesso, all’istruzione e alla scarsa salute percepita la predominanza della cervicalgia (56,7%) è risultata comunque significativamente più alta nei soggetti affetti da emicrania (76,2%), da emicrania e da cefalea tensiva (89,3%) e da cefalea tensiva (88,4%) rispetto ai soggetti che non soffrivano di mal di testa.
Spesso le persone affette da cefalea e cervicalgia ricorrono a medici (medico di base, neurologo) e fisioterapisti in cerca di diagnosi e cura. Le prove a sostegno dell’efficacia della terapia manuale per la cefalea sono limitate. Malgrado la mancanza di una solida base scientifica la terapia manuale resta un’alternativa frequentemente utilizzata in tutto il mondo e rientra in alcune linee guida cliniche come trattamento alternativo (linee guida della European Federation of Neurological Societies (EFNS), linee guida italiane per le cefalee primarie).

Nella pratica clinica l’approccio considerato più efficace per le cefalee consiste in una combinazione di terapie farmacologiche (medicinali per la fase acuta e la profilassi) e non farmacologiche (educazione del paziente, terapie manuali, esercizi fisici, biofeedback).
Per le discipline che intervengono sul rachide cervicale con l’obiettivo di diminuire la cefalea risulta cruciale comprendere il contesto neurofisiologico della cefalea e della cervicalgia. Recentemente alcuni studi sperimentali, eseguiti su soggetti animali e umani, hanno fatto emergere nuove scoperte sulla relazione tra l’input extracranico originato nel rachide cervicale superiore e la cefalea. Tali conoscenze possono essere di grande valore per comprendere e per ri(configurare) gli approcci manuali alle differenti tipologie di cefalea associate alla cervicalgia. Nel presente articolo inizieremo con la descrizione delle scoperte neuroanatomiche e neurofisiologiche tratte da studi sperimentali sul complesso trigemino-cervicale (trigemino-cervical complex, TCC). In seguito discuteremo i modelli neurofisiologici atti a spiegare la coesistenza di cefalea e cervicalgia considerando anche fattori come il dolore riferito e l’ipereccitabilità generalizzata. Inoltre illustreremo anche la relazione tra la disfunzione del rachide cervicale e la cefalea e la ricerca sulla modulazione nocicettiva nel TCC. Infine, discuteremo della terapia manuale come opzione per il trattamento della cefalea e della cervicalgia.

Complesso trigemino-cervicale. La base anatomica

La ricerca sperimentale ha contribuito ad approfondire le conoscenze neurofisiologiche sulla relazione tra cefalea e cervicalgia. Nell’ambito del complesso trigemino-cervicale è cruciale la comprensione delle strutture neuroanatomiche e dell’attività neurale.
La frequente coesistenza di cefalea e cervicalgia è attribuita all’innervazione nocicettiva comune della testa e del collo a livello del corno dorsale C1-2 localizzato nel TCC. Studi anatomici effettuati su soggetti animali e umani hanno mostrato che il TCC si estende dal midollo (porzione orale e interpolare) al primo e al secondo segmento cervicale (porzione caudale) Fig1. La porzione caudale del TCC riceve neuroni nocicettivi afferenti di primo ordine Aδ e C sia dal nervo oftalmico che della radice dorsale C2. Tali neuroni afferenti sono direttamente o indirettamente connessi ai neuroni di secondo ordine attraverso i neuroni ad ampio spettro dinamico. Il nervo oftalmico trasmette l’input nocicettivo attraverso fibre nervose afferenti Aδ e C di diametro minore verso neuroni nocicettivi di secondo ordine negli strati superficiali e profondi del corno dorsale C1 e C2 all’interno del TCC. La radice cervicale superiore C2 rappresenta le informazioni nocicettive afferenti Aδ e C dei vasi e della dura madre della fossa posteriore e le strutture miofasciali dei segmenti cervicali superiori.

L’input nocicettivo della radice nervosa C2 del rachide cervicale è ben documentato. Esso presenta una sovrapposizione strutturale con le terminazioni nervose nocicettive della radice nervosa del nervo oftalmico in corrispondenza del primo e del secondo corno dorsale nel TCC.
Schueler et al. ha suggerito un’origine extracranica della nocicezione meningea. Nel suo studio in vitro ha dimostrato che rami collaterali degli afferenti del trigemino creano connessioni funzionali tra i tessuti intra ed extra cranici in ratti e umani. Pertanto le informazioni dai muscoli pericraniali possono raggiungere, mediante conduzione ortodromica e antidromica, la dura madre attraverso assoni collaterali e potenzialmente influenzare le funzioni meningee e la generazione di mal di testa in soggetti umani.
Questa scoperta sulle connessioni afferenti collaterali coincide con la relazione anatomica e funzionale che intercorre tra la dura e i muscoli suboccipitali nella regione cervicale superiore nei soggetti umani. Al fine di comprendere il perché degli episodi di cefalea e cervicalgia sono fondamentali le connessioni neuroanatomiche degli afferenti nocicettivi oftalmici e cervicali con i neuroni di secondo ordine in corrispondenza della porzione caudale del TCC.

Dolore riferito

La convergenza delle fibre nocicettive del trigemino e cervicali di piccolo diametro Aδ e C sulle corna dorsali di C1 e C2 fornisce una base neuroanatomica per il fenomeno clinico denominato dolore riferito. Tale fenomeno può spiegare la coesistenza di cefalea e cervicalgia: il dolore che origina dal collo è percepito come originato dalla testa e viceversa.

Risultati degli studi condotti su soggetti animali

Gli studi neurofisiologici sperimentali su animali hanno registrato l’input delle fibre nocicettive afferenti in corrispondenza del corno dorsale C1-2 contribuendo così alla comprensione del dolore riferito in entrambe le direzioni, ovvero dal collo verso la testa e dalla testa verso il collo. Vernon et al. ha descritto un’aumento dell’attività nei corni dorsali di C1/C2 nei ratti dopo un’iniezione di olio di senape infiammatorio nei tessuti paraspinali profondi al livello dell’articolazione C1-C2 di sinistra. L’attivazione degli afferenti del trigemino della dura madre sopratentoriale mediante l’olio di senape ha mostrato un allargamento dei campi meccanorecettori cutanei e un significativo aumento (p < 0.001) dell’eccitabilità alla stimolazione elettrica del nervo grande occipitale nelle risposte delle fibre C.
La stimolazione elettrica unilaterale del nervo grande occipitale nei gatti ha incrementato l’attività metabolica nel corno dorsale C1 e C2. La stimolazione delle strutture innervate dal trigemino ha indicato una distribuzione simile al nucleo caudato del trigemino.
Sulla base di questi riscontri il fenomeno clinico del mal di testa che si presenta frontalmente, in corrispondenza dell’occipite e nella parte superiore del collo potrebbe essere il risultato di una sovrapposizione delle informazioni nocicettive al livello dei neuroni di secondo ordine.

Il mal di testa durante un attacco di emicrania sembra basarsi principalmente sull’attivazione delle vie trigemino-vascolari; tale attivazione si verifica a causa di un maggiore input nocicettivo viscerale delle fibre Aδ e C della dura e dei vasi intracranici sul TCC. Questo input è spesso limitato al territorio del nervo oftalmico ma potrebbe estendersi come dolore alla regione occipitale innervata dal nervo grande occipitale C2. Sulla base di questi risultati sia la cefalea che la cervicalgia possono essere percepite come dolore riferito.

Risultati degli studi condotti su soggetti umani

In alcuni studi sono emerse prove cliniche di dolore riferito, basate sulla convergenza degli input nocicettivi afferenti Aδ e C cervicali e oftalmici derivanti da strutture diverse. Sulla base di osservazioni cliniche è stato possibile rilevare che gli input nocicettivi intracranici delle arterie, come anche quelli nocicettivi extracranici originati dall’arteria vertebrale sono in grado di causare sensazioni dolorose nell’area della fronte. In alcuni studi è stata provocata una cefalea applicando stimoli nocicettivi sperimentali alle strutture cervicali superiori. Infatti attraverso l’iniezione di soluzione salina, di acqua sterile e la stimolazione nervosa a bassa frequenza nell’area delle radici dorsali del rachide cervicale superiore è stato possibile provocare una cefalea.
Nel suo articolo sulla diagnosi e il trattamento della cefalea cervicogenica Bogduk descrive alcuni studi sperimentali condotti su soggetti umani. I partecipanti presentavano schemi di dolore riferito alla testa causato dalla stimolazione dell’input nocicettivo afferente delle strutture miofasciali del rachide cervicale superiore.
In 23 pazienti su 32 affetti da cefalea cervicogenica il dolore alla testa veniva completamente alleviato dopo l’applicazione di un blocco diagnostico anestetico alle articolazioni atlo-epistrofeiche laterali (C1-2). Utilizzando stimoli nocicettivi afferenti di tipo meccanico – ovvero applicando una pressione sulle strutture miofasciali dei segmenti cervicali superiori – è stato possibile provocare nel paziente affetto da cefalea cervicogenica, cefalea tensiva ed emicrania il dolore caratteristico di tali patologie. Esistono numerose ricerche sui trigger point localizzati nei muscoli cervicali e suboccipitali in grado di provocare il mal di testa. In sintesi, la convergenza delle afferenze nocicettive cervicali e trigeminali su neuroni di secondo ordine nel TCC può causare mal di testa come dolore riferito. Ciò può accadere attraverso la stimolazione dell’input nocicettivo dei segmenti cervicali superiori mediante la somministrazione di sostanze irritanti o l’applicazione di una pressione meccanica.

Ipereccitabilità generalizzata

L’aumento continuo dell’attività nocicettiva periferica di tipo somatico e vascolare, la diminuzione dell’inibizione sopraspinale o una combinazione di questi due meccanismi porta all’ipereccitabilità dei neuroni di secondo grado nel TCC e, di conseguenza, possono provocare la cefalea.
La caratteristica dell’emicrania sembra essere una maggiore attivazione delle vie trigemino-vascolari a causa dell’input delle fibre nocicettive Aδ e C della dura madre e dei vasi intracranici sul TCC. Tuttavia è ancora in corso il dibattito per stabilire la causa dell’ipereccitabilità dei neuroni di secondo grado nel TCC durante l’emicrania. Levy et al. ha sottolineato che l’innervazione sensoriale delle meningi craniali e delle cellule immunitarie e vascolari potrebbe giocare un ruolo importante, tuttavia sono ancora limitate le prove riguardanti l’infiammazione neurogenica durante l’emicrania.

Nella cefalea tensiva la provocazione di un input nocicettivo periferico prolungato o continuo, mediante i trigger point delle strutture miofasciali cervicali o pericraniali, potrebbe contribuire all’ipereccitabilità dei neuroni di secondo ordine nel corno dorsale di C1 e C2 del TCC. Tuttavia le informazioni a sostegno di tale ipotesi sono ancora ridotte. L’ipereccitabilità dei neuroni nocicettivi di secondo ordine nel corno dorsale di C1-2 può essere causata anche da una diminuzione della via inibitoria discendente a guida endogena della sostanza grigia periacqueduttale, del nucleo rafe magno o del midollo rostrale ventromediale. Ciò può portare a sintomi clinici come l’ipersensibilità, l’allodinia e le soglie di dolore ridotte nella regione cranio-cervicale e persino nelle regioni extra-cefaliche.
In pazienti affetti da cefalea tensiva cronica, ma non da cefalea tensiva episodica, la maggior parte degli studi riporta una pressione più bassa e soglie di dolore agli stimoli termici ed elettrici nella regione cefalica.
Nei pazienti affetti da emicrania la soglia del dolore alla pressione, agli stimoli caldi e freddi nella regione cefalica risulta minore durante la fase ictale rispetto alla fase interictale dell’emicrania o dei controlli sani.
Negli studi condotti su pazienti affetti da emicrania e cefalea tensiva è stata rilevata una significativa diminuzione delle soglie del dolore alla pressione nella regione cranio-cervicale rispetto ai controlli sani.
L’interazione tra i sistemi inibitori discendenti e gli input nocicettivi periferici nel TCC sembra essere un prerequisito necessario sia nella caratterizzazione che nello sviluppo di cefalee episodiche e croniche. Tuttavia, nei pazienti affetti da cefalea, anche i trigger point o le strutture miofasciali dolorose e sensibili dei segmenti cervicali superiori possono essere la fonte dell’ipereccitabilità dei neuroni di secondo ordine C1-C2.

Disfunzioni muscoloscheletriche cervicali nella cefalea

Nei pazienti affetti da emicrania, cefalea tensiva e cefalea cervicogenica sono state osservate disfunzioni muscoloscheletriche cervicali delle articolazioni e dei muscoli. Nei partecipanti affetti da cefalea la maggior parte delle disfunzioni muscoloscheletriche cervicali sono state rilevate nel rachide cervicale superiore. Ciò non risulta soprendente se consideriamo l’interconnessione neurofisiologica tra la radice dorsale di C2 (nervo grande occipitale) e il TCC. La palpazione dei trigger point nei muscoli suboccipitali e nel trapezio, il movimento limitato dei segmenti cervicali C0-3 e lo stress sulle articolazioni del rachide cervicale superiore sono elementi correlati a differenti tipologie di cefalea. Sebbene sia probabile una relazione tra le disfunzioni muscoloscheletriche del rachide cervicale superiore e la cefalea, la documentazione ad oggi diponibile deriva da studi caso-controllo. Pertanto non è possibile né determinare alcuna relazione causale né trarre conclusioni sulla base di tale relazione.

La modulazione della nocicezione nel TCC: prove da studi su soggetti animali

Esistono nuove prove secondo le quali, agendo sul rachide cervicale, è possibile modulare il dolore nel TCC. Nobel et al ha riportato che l’iniezione di uno stimolante nocicettivo (α, β – meATP) nel muscolo temporale dei ratti induce un’attività continua dei neuroni spinali del trigemino con campi recettoriali meningei. Nello stesso studio l’anestesia locale di singoli muscoli del collo, ma non del muscolo temporale, illustra una significativa diminuzione dell’attività centrale indotta del trigemino. Tale risultato supporta l’idea che la modulazione del dolore nel TCC avvenga attraverso la riduzione dell’input nocicettivo afferente periferico dei muscoli cervicali.
Attraverso l’attivazione delle fibre Aδ e C è possibile innescare, nei ratti, il controllo inibitorio diffuso sopraspinale (diffuse noxious inibitory control, DNIC) sui neuroni convergenti nel nucleo caudale del trigemino. Villaneuva et al e Bouhassira et al hanno dimostrato che attraverso l’attivazione delle fibre Aδ e C è possibile diminuire l’attività indotta dei neuroni convergenti nel nucleo caudale del trigemino dell’80%. L’input afferente Aδ e C che origina dal collo non è limitato al TCC. La somministrazione locale del fattore di crescita nervoso nei muscoli semispinali del collo di topi anestetizzati mostra un’immunoreattività Fos più forte non solo negli strati superficiali I e II delle corna dorsali di C1, C2 e C3, ma anche in strutture sopraspinali come il grigio periacqueduttale e il nucleo reticolare spinale. Circa il 50% di tutti i neuroni di proiezione del grigio periacqueduttale ventrolaterale sono stati riscontrati nei segmenti cervicali superiori. Pertanto questi segmenti rappresentano una potenziale risorsa per l’attivazione del grigio periacqueduttale ventrolaterale. L’attivazione del grigio periacqueduttale ventrolaterale mediante il dolore somatico e viscerale profondo porta non soltanto a uno stato di riposo, ma anche all’inibizione degli afferenti trigeminali. Nel presente articolo suggeriamo la partecipazione del fenomeno sopra descritto nell’inibizione degli afferenti trigeminali.

La modulazione della nocicezione nel TCC: prove da studi su soggetti umani

In uno studio clinico Busch et al ha dimostrato la modulazione della nocicezione nel TCC individuando una diminuzione delle aree di risposta sotto la curva R2 e un significativo aumento delle latenze R2 del riflesso nocicettivo corneale.
I valori registrati si riferiscono soltanto al lato bloccato, tramite anestesia unilaterale con prilocaina, del nervo grande occipitale in soggetti sani. Questi riscontri hanno confermato non solo i risultati precedenti sulla convergenza funzionale ed anatomica delle vie afferenti cervicali e trigeminali, ma hanno anche suggerito che la modulazione sopra descritta possa portare dei benefici nel trattamento delle cefalee primarie.
Per diminuire il mal di testa in pazienti affetti da cefalea si è dimostrato efficace il blocco dell’input nocicettivo afferente mediante anestesia, del nervo grande occipitale o della faccetta articolare C1-2. Piovesan at al ha riportato una diminuzione del mal di testa in pazienti affetti da emicrania in seguito all’applicazione di un leggero massaggio del nervo grande occipitale. In un altro studio clinico, di Watson e Drummond, è stato possibile provocare ed interrompere il mal di testa in pazienti affetti da emicrania attraverso una pressione sostenuta nella regione suboccipitale. Durante il test di provocazione il dolore riferito è diminuito paralellamente al cambiamento nel riflesso nocicettivo corneale del trigemino.
Questi risultati implicano la validità del modello precedentemente proposto secondo il quale la stimolazione delle fibre miofasciali Aδ e C, mediante una pressione manuale, può attivare il sistema sopraspinale DNIC che agisce specificatamente sui neuroni ad ampio spettro dinamico ed è in grado di modulare la nocicezione nel TCC.

Trattamento fisico del mal di testa e della cervicalgia

Lo sviluppo di una terapia manuale per la cefalea deve necessariamente concentrarsi sulla colonna cervicale e non può prescindere da elementi come la relazione neuroanatomica e neurofisiologica tra i nuclei del tronco encefalico, la porzione superiore del rachide cervicale e il nervo trigemino.
Secondo la teoria del cancello la quantità relativamente alta di input propriocettivi afferenti dei segmenti cervicali superiori verso il sistema nervoso centrale potrebbe alterare l’input afferente delle fibre nocicettive Aδ e C. La stimolazione dell’input propriocettivo attraverso esercizi attivi dei muscoli del collo potrebbe diminuire l’eccitabilità dei neuroni di secondo ordine nel TCC.
In questo contesto l’applicazione, al rachide cervicale superiore, di tecniche manuali di pressione può risultare utile a stimolare le fibre miofasciali Aδ e C e attivare così il sistema sopraspinale DNIC. L’importanza di una cura attiva dei muscoli del collo è supportata dalle prove di uno studio sistematico di Varatharajan et al. Nell’articolo l’autore afferma che una terapia manuale attiva che include esercizi fisici fornisce risultati promettenti nella riduzione del mal di testa associato alla cervicalgia.

Discussione

Le ricerche sperimentali condotte negli ultimi decenni, sia su soggetti animali che umani, nell’ambito della neuroanatomia e della neurofisiologia hanno contribuito alla comprensione della coesistenza del mal di testa con la cervicalgia. Sulla base di queste informazioni abbiamo fornito un contesto neurofisiologico all’utilizzo della terapia manuale nei casi di cefalea e cervicalgia.
Gli studi hanno portato alla luce nuove scoperte sulla relazione neuroanatomica e neurofisiologica tra cefalea e cervicalgia, ma hanno anche aperto nuovi filoni d’indagine sulla possibilità che questa relazione possa essere influenzata dalla terapia manuale e sulle modalità con cui ciò possa verificarsi. Negli studi case-control la cefalea (emicrania, cefalea tensiva, cefalea cervicogenica), la cervicalgia e le disfunzioni muscoloscheletriche cervicali sembrano correlati. Tuttavia la potenza, il valore e la spiegazione di questa relazione variano per ogni tipologia di cefalea.

I medici devono comprendere, seguendo un ragionamento clinico sensato, se le disfunzioni muscoloscheletriche cervicali siano correlate alla cefalea del paziente e quali meccanismi neurofisiologici sono coinvolti. Pertanto siamo a sostegno della raccomandazione di classificare il mal di testa secondo i criteri ICHD III e di determinare le disfunzioni muscoloscheletriche cervicali nei pazienti affetti da emicrania, cefalea tensiva e cefalea cervicogenica. Inoltre sarebbe opportuno includere anche i test sulla sensibilità al dolore per comprendere i meccanismi patofisiologici sottostanti. I medici devono considerare, all’interno del ragionamento clinico, tutti i dati raccolti dai pazienti: i sintomi di mal di testa e di collo, le disfunzioni muscoloscheletriche cervicali correlate, i test sulla sensibilità al dolore nella regione cervico-cefalica e in quella extra-cefalica (soglie del dolore alla pressione) e la riproduzione del mal di testa mediante pressione o allungamento delle strutture muscoloscheletriche.
La comprensione dei meccanismi neurofisiologici sottostanti (provocazione nocicettiva locale, dolore riferito, ipereccitabilità generalizzata) resta una sfida, tuttavia è necessario identificare i pazienti che potrebbero trarre benefici dal trattamento del collo.

Per i medici e i ricercatori resta una sfida lo sviluppo di strategie efficaci che mirino a modulare gli input cervicali afferenti e diminuire l’eccitabilità dei neuroni di primo e secondo ordine a livello del TCC nel trattamento della cefalea. È necessario e urgente condurre altri studi sperimentali e trial clinici randomizzati sull’effetto neurofisiologico della terapia manuale. Sicuramente non esiste una ricetta standard per la terapia manuale del collo da utilizzare nelle diverse tipologie di mal di testa, tuttavia gli operatori potrebbero sentirsi incoraggiati dall’emergere di nuove conoscenze a fornire un approccio su misura, e basato su prove neurofisiologiche, ai pazienti affetti da cefalea e cervicalgia.

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