Articolo originale: Oliver P. Thomson, Nicola J. Petty, Ann P. Moore, Reconsidering the patient-centeredness of osteopathy, International Journal of Osteopathic Medicine (2013) 16,25-32.
PAROLE CHIAVE
Centralità del paziente;
Cure centrate sul paziente;
Ragionamento clinico;
Osteopatia; Qualitativo; Pratica basata sulle prove.
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Introduzione
In molte parti del mondo, l’osteopatia è considerata come un approccio alle cure sanitarie centrato sul paziente [1-6]; tale affermazione può essere utilizzata per differenziare la professione osteopatica da altre professioni sanitarie, ivi compresa la medicina [7]. Alcuni dichiarano che un approccio centrato sul paziente sia un ‘marchio distintivo’ dell’osteopatia [8]; altri sostengono che si tratti di un ‘contributo’ peculiare della professione sanitaria [9]. Il presente articolo tratta del complesso concetto di centralità del paziente e riflette criticamente sul fatto che tale approccio possa essere considerato come una caratteristica distintiva unica dell’osteopatia. Dato che la professione osteopatica si avvicina ad un modello di pratica, basandosi sulla ricerca il presente documento evidenzia le sfide che l’osteopatia centrata sul paziente deve affrontare.
L’origine delle cure centrate sul paziente
Si è assistito alla diffusione mondiale di un modello di cura biopsicosociale a causa dell’insoddisfazione derivante dal ‘modello biomedico’ di cura tradizionale, in cui i pazienti sono ridotti ad un insieme di segni e sintomi clinici. [10] In quest’ultimo approccio, il compito del medico è quello d’identificare e misurare la malattia o disfunzione, procedendo al trattamento diretto della malattia ‘biologica’. Anche se questo modello essenzialmente positivista si sposa bene con la ricerca scientifica e la medicina basata sulle prove, relega il medico (e il ricercatore) al ruolo d’individuo distaccato e oggettivo. Tale approccio centrato sulla malattia è altresì indicato come centrato sulla tecnica, sul metodo, sul terapeuta, sulla scienza, sulla spiegazione o sulla diagnosi [11].
Negli ultimi 40 anni si è assistito ad un allontanamento da un approccio centrato sulla malattia verso un modello biopsicosociale delle cure sanitarie [10,12] che riconosce il complesso rapporto biunivoco medico-paziente, in cui le decisioni sono condivise e le conoscenze in merito a ‘ciò che deve essere fatto’ sono inglobate all’interno di un rapporto. L’applicazione pratica di tale approccio è la cura centrata sul paziente [11] e considera gli aspetti sociali e psicologici della disabilità, nonché la disfunzione medica o biologica [13]. Le cure centrate sul paziente tengono conto del significato personale delle malattie, del dolore e della sofferenza al fine di capire e contribuire ad alleviare la malattia e la disfunzione. L’adozione di questo modello implica che i pazienti non sono più visti come destinatari passivi di assistenza sanitaria, ma sono sempre più visti come consumatori attivi; le loro esperienze, opinioni e prospettive devono pertanto essere incorporate nel ragionamento clinico e nel processo decisionale [14]. Questa transizione nell’approccio sanitario ha inoltre spostato il rapporto medico-paziente dalla sua posizione originaria asimmetrica e paternalistica (con l’autorità investita solo nel medico) ad una reciproca e paritaria [15].
Definire la centralità del paziente
La centralità del paziente è spesso considerata un ‘concetto vago’ e molte sono le interpretazioni e concettualizzazioni diverse anche su come sia specificamente praticata.16 Continua a mancare una definizione o concettualizzazione universalmente accettata del termine, con la grande ambiguità che ne consegue in merito agli elementi precisi che costituiscono un approccio centrato sul paziente [16] Ad esempio, i termini centralità del paziente, cure centrate sul paziente, o approccio centrato sul paziente sono frequentemente usati in modo interscambiabile (come sarà anche nella presente discussione). Ciò che unisce i termini è invece l’opposizione al concetto di ‘un solo approccio per tutti’ dell’ assistenza sanitaria [17] Inoltre, il termine centrato sulla persona forse riconosce maggiormente l’importanza di conoscere la persona dietro il paziente – “come un essere umano con ragione, volontà, sentimenti e necessità – al fine d’impegnare la persona in qualità di partner attivo nella cura e nel trattamento” [18 p. 249] Balint [19] fu forse il primo a coniare il termine ‘medicina centrata sul paziente’, descrivendo che ogni paziente “deve essere inteso come un essere umano unico” contrariamente a ciò che ha denominato ”medicina orientata sulla malattia’ [19 p. 269]. Anche dal punto di vista della medicina, McCormick [13] afferma che “conoscere il paziente che ha una determinata malattia è altrettanto importante che conoscere la malattia che ha il paziente” [20 p. 668]. Un quadro concettuale della centralità del paziente è fornito da Mead e Power [15], che descrivono esaurientemente cinque caratteristiche distinte della centralità del paziente, come mostrato nella Tabella 1.
La centralità del paziente e la pratica di altre professioni sanitarie
La professione infermieristica è stata forse la prima professione sanitaria a dichiarare un approccio centrato sul paziente; ciò risale al 1850 (tutto il decennio) e a Florence Nightingale, che vedeva l’approccio centrato sul paziente come distinto da quello orientato sulla malattia della professione medica [23]. Sforzi continui sono stati profusi dalle professioni infermieristiche [18, 23] e da molte altre professioni sanitarie al fine di capire meglio che cosa significhi centralità del paziente; tra queste la fisioterapia [24-26] la chiropratica [27-29] e persino la farmacia [30].
La comprensione della centralità del paziente in altre professioni porta ad una serie di domande per l’osteopatia. Gli osteopati sono centrati sul paziente e, se sì, sono centrati sul paziente allo stesso modo dei fisioterapisti e dei terapisti occupazionali? Gli osteopati hanno una comprensione ed un approccio unici alle cure centrate sul paziente, distinto rispetto ad altri professionisti sanitari? La centralità del paziente è un elemento riscontrato a tutti i livelli di pratica osteopatica o semplicemente nei medici con maggiore competenza e/o esperienza? Mediante l’uso diffuso del modello biopsicosociale in diverse professioni sanitarie, che asseriscono tutte di adottare un approccio centrato sul paziente nella rispettiva pratica, è possibile che un approccio centrato sul paziente sia una caratteristica distintiva unica dell’osteopatia? Abbiamo cominciato a esplorare la natura del ragionamento clinico osteopatico utilizzando uno studio di ricerca qualitativa su una teoria fondata [14]. Lo studio è ancora in corso ma i primi risultati suggeriscono che gli osteopati sono flessibili in diversi aspetti del loro approccio al paziente. Possono assumere un approccio centrato sul corpo, sul paziente e/o sulla persona, a seconda del loro rapporto con il paziente; con ogni approccio dimostrano diverse caratteristiche della centralità del paziente. A volte la responsabilità e il ragionamento sono condivisi con il paziente, ma altre volte il ragionamento clinico è meno collaborativo. Ci sono anche momenti in cui i medici sembrano adottare un approccio più biomedico, centrato sulla malattia rispetto al loro ragionamento e alla pratica; altre volte lo stesso medico potrebbe essere piuttosto biopsicosocialmente orientato, apprezzando l’unicità e l’individualità della persona. Questi risultati cominciano a suggerire che la centralità del paziente osteopatico è un processo relazionale e dinamico e costituisce una base per ulteriori ricerche.
Tabella 1: Caratteristiche delle cure centrate sul paziente con esempi di come potrebbero essere effettuate nella pratica osteopatica [15] | ||
Caratteristiche | Descrizione | Esempio |
Prospettiva biopsicosociale | Ampliamento della prospettiva esplicativa per includere aspetti biologici, psicologici e sociali di dolore e disfunzione. |
La volontà dell’osteopata di comprendere l’impatto sociale ed emotivo del dolore cronico al collo di un paziente, piuttosto che considerarne la semplice entità biologica.
Potrebbe includere l’esplorazione del racconto del paziente durante l’anamnesi, in modo da suscitare aspettative, sentimenti e paure circa un episodio di lombalgia.
Può includere l’incoraggiamento del paziente ad esprimere le proprie idee sulla causa della malattia e/o il coinvolgimento dello stesso nel processo decisionale durante lo sviluppo di un piano di auto-cura a lungo termine. La negoziazione reciproca degli obiettivi del trattamento e l’accordo sugli interventi, o il riconoscimento che l'”effetto-relazione” dell’osteopatia è inscindibile dall’effetto biofisiologico.
La consapevolezza di sé di un medico in merito alle proprie emozioni che potrebbero essere generate da una presentazione particolare del paziente o dal riconoscimento della soggettività di una tecnica diagnostica o terapeutica. |
Il paziente come una persona | Riconoscimento dell’individualità del paziente come persona, accentuando pertanto il significato personale e l’interpretazione della sua malattia. | |
Condivisione del potere e della responsabilità | Un rapporto medico-paziente ugualitario e simmetrico (piuttosto che paternalistico). Implica partecipazione, collaborazione e negoziazione reciproche per tutto l’episodio di cura. | |
L’alleanza terapeutica | Una funzione del legame affettivo tra paziente e medico per ottimizzare il potenziale terapeutico. | |
Il medico come una persona | L’auto-consapevolezza dell’influenza delle qualità personali del medico sul modo in cui si esercita. | |
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Tabella 2: i quattro principi più importanti dell’osteopatia | ||
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Sono stati proposti numerosi modelli e teorie per spiegare la disfunzione somatica, la maggior parte dei quali supportati da poche prove [54,58-60] I ricercatori, i formatori ed i medici osteopati hanno riposto un grande significato clinico e terapeutico nel concetto di disfunzione somatica osteopatica, nell’identificazione e nel trattamento dei disturbi segmentali delle articolazioni e dei tessuti della colonna vertebrale; questo concetto continua a rivestire un ruolo forte nei modelli di pratica per molti osteopati nel Regno Unito [57,61]. Si afferma che uno dei principali ‘obiettivi’ della pratica osteopatica sia quello d’individuare (di solito attraverso la palpazione manuale dei tessuti molli e la valutazione della mobilità articolare) e trattare la disfunzione somatica. È comune che gli osteopati confrontino le deviazioni fra il lato malato e il lato sano del corpo, nel tentativo di identificare riscontri di disfunzione somatica [62]. Tuttavia, ciò può essere considerato una forma biomedica di valutazione e il processo di individuazione e correzione della disfunzione somatica è in effetti solo un’attività riduttiva. Il vecchio adagio osteopatico, ‘trova la lesione, correggila e lascia agire il corpo’ [63], vede il medico come un meccanico di automobili, che trova e risolve il problema, come ad esempio un motore che non si avvia. Altri hanno anche identificato echi di positivismo e riduzionismo negli scritti di A.T. Still [64] e nella sua enfasi sui “fatti” scientifici relativi al paziente e alla loro malattia. Ciò suggerisce un modello biomedico di pratica con un medico autorevole che fa scoperte scientifiche su un paziente passivo, piuttosto che un rapporto reciproco in cui il paziente assume un ruolo terapeutico attivo. L’adozione di tale approccio ha dei limiti notevoli in quanto non riesce a collegare le “scoperte scientifiche” locali e specifiche nel contesto della narrazione dei pazienti, dell’esperienza della malattia e dello sviluppo di un rapporto paziente-medico [65]. Inoltre, utilizzando termini come ‘anormale’ durante la valutazione con orientamento biomedico non riesce a riconoscere il significato personale dei pazienti e l’interpretazione della loro malattia, tendendo così a perpetuare esperienze di esclusione sociale delle persone con disabilità [66].
I pazienti che soffrono di lombalgia aspecifica (LBP) presenteranno molte “esperienze di malattia” diverse [67] e la LBP non sarà vissuta allo stesso modo da due persone diverse; per esempio un atleta potrebbe attribuire un significato personale completamente diverso alla LBP rispetto ad un genitore single disoccupato. Entrambi hanno una diagnosi di LBP aspecifica, ma le loro esperienze di malattia e la loro storia saranno molto diverse [67]. Le cure centrate sul paziente implicano la valutazione della prospettiva diversa e unica dei pazienti al fine di comprendere più a fondo l’esperienza della malattia, la sofferenza e il dolore del paziente e sviluppare insieme al paziente una strategia di trattamento e gestione. La ricerca volta a informare e migliorare la pratica osteopatica deve cogliere più profondamente questa complessa interazione di fattori fisici, psicologici e sociali [68, 69].
Osteopatia centrata sul paziente e basate su prove certe: la quadratura del cerchioLa ricerca volta alle cure centrate sul paziente nell’osteopatia fa un passo verso la pratica basata su prove. Lo studio clinico controllato randomizzato, progettato per un modello biomedico di assistenza sanitaria, si trova verso la cima della gerarchia delle prove [70]. Presuppone l’omogeneità dei pazienti, non riuscendo a riconoscere l’individualità del paziente e la rispettiva esperienza di malattia. Si generano così le conoscenze che aiutano a trovare una base per gli aspetti biomedici della pratica osteopatica, ignorando però gli aspetti psicologici e sociali della salute e l’influenza del rapporto medico-paziente. Se le conoscenze professionali della pratica osteopatica devono accrescere, sviluppare e migliorare la pratica clinica, è necessario che i paradigmi di ricerca quantitativi e qualitativi siano entrambi inglobati in modo che tutti gli aspetti della pratica possano essere esplorati [68,71,72]. Questo aiuterà a sviluppare un’epistemologia della pratica osteopatica, ovvero una comprensione del modo in cui gli osteopati sanno quello che sanno e il tipo di conoscenze che usano nella pratica professionale [73]. Per quanto impegnativo e difficile sia il compito, i ricercatori osteopatici devono affrontare gli aspetti biopsicosociali delle cure centrate sul paziente, se si vuole avere successo nel miglioramento della pratica osteopatica per ottimizzare la cura del paziente e i risultati del trattamento. Infine, sia le cure centrate sul paziente che la pratica basata sulle prove hanno fortemente influenzato l’assistenza sanitaria nel Regno Unito negli ultimi 30 anni, ed entrambi i concetti sono considerati preziosi e necessari [16]. Tuttavia, quanto potrà mai essere centrato sul paziente un modello di osteopatia basato su prove? In che modo la professione ed i suoi membri possono colmare il divario tra i due paradigmi distinti? La vittoria di queste ed altre sfide richiede un approccio di ricerca saldo e una professione criticamente riflessiva.
ConclusioneIl concetto di cure centrate sul paziente è stato discusso in questo articolo e la complessità e l’ambiguità del concetto vengono evidenziate dalla ricerca confusa in merito. L’osteopatia attuale sostiene un approccio centrato sul paziente nelle cure sanitarie, sebbene non si sappia ancora come metterlo in pratica o come rapportarne i risultati ai pazienti. È pertanto difficile capire come il concetto di cure centrate sul paziente sia in grado di differenziare l’osteopatia da altre professioni sanitarie simili. L’osteopatia deve considerare la sua epistemologia della pratica, alla luce della ricerca contemporanea e di un panorama sanitario mutevole e dinamico. Ciò faciliterà un approccio alla pratica, centrata sul paziente e basata sulle prove. È pertanto necessaria una ricerca continua per aiutare a capire il concetto di centralità del paziente nel contesto dell’osteopatia contemporanea attuale.
Bibliografia
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