Studio preliminare sull’interrelazione tra mobilità del rachide cervicale e del diaframma

Diaframma

liberamente tratto da La Revue de l’Ostéopathie n°21-2:2018

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Il legame anatomico tra le cervicali C3-C4-C5 e il diaframma esiste ed è spesso citato in osteopatia: tuttavia non esistono prove scientifiche che permettano di affermare che il trattamento osteopatico delle vertebre cervicali abbia un’azione sulla mobilità del diaframma e, al contrario, che il trattamento osteopatico del diaframma abbia un’influenza sulla mobilità cervicale.

Le cause di cervicoalgia sono numerose; traumi, artrosi, whiplash, ernie discali etc. Se non viene identificata una causa specifica si parla di cervicoalgie comuni che sono quasi sempre di origine funzionale.

Le cervicoalgie croniche sono spesso associate ad alterazioni della meccanica respiratoria e il diaframma sarebbe un elemento chiave, viste le sue implicazioni in questa meccanica.
La rieducazione dei muscoli della respirazione potrebbe migliorare non solo la funzionalità respiratoria ma aumentare anche l’ampiezza del movimento delle cervicali nei soggetti affetti da cervicoalgia cronica, data la interrelazione tra le due strutture.

Il n.frenico nasce principalmente dai rami anteriori delle radici di C4 ma riceve anche delle fibre dalle radici di C3 e C5: è un nervo misto, composto di numerose fibre motrici efferenti e da qualche fibra sensitiva afferente. Nel suo decorso distribuisce dei rami collaterali destinati all’innervazione sensitiva del pericardio, della pleura e del peritoneo che ricopre gli organi sopra-mesocolici.

Queste fibre permettono l’innervazione sensitiva anche del diaframma grazie all’accollamento delle sierose a quest’ultimo e portano principalmente le informazioni nocicettive.
Il n. frenico stabilisce connessioni motorie con il diaframma attraverso le giunzioni neuromuscolari che permettono alle cupole di contrarsi durante l’inspirazione.

Dato che il n.frenico ha origine nel tratto cervicale, è possibile ipotizzare che il miglioramento della mobilità cervicale possa ridurre l’attività nocicettiva a livello delle sierose nelle zone contigue al diaframma: ma qual’è l’efficacia del trattamento osteopatico delle cervicali sul diaframma e qual’è l’impatto del trattamento osteopatico del diaframma sulla mobilità cervicale?

Materiali e metodi

Partecipanti

32 persone (età: 23,4 ± 2,2 anni; 12 uomini e 20 donne) hanno partecipato allo studio. I criteri di inclusione ed i prerequisiti per lo studio erano che i partecipanti presentassero degli episodi recidivanti di cervicoalgia negli ultimi 6 mesi e che non avessero ricevuto trattamenti osteopatici nelle ultime 3 settimane.

Sono stati esclusi soggetti che presentavano controindicazioni al trattamento osteopatico o che avessero patologie importanti o danni clinici.

Distribuzione dei gruppi

Quattro osteopati con esperienza di più di otto anni sono stati reclutati per realizzare i test osteopatici delle due unità funzionali dello studio: rachide cervicale e diaframma. Ogni osteopata ha testato otto pazienti. Sono stati reclutati solo i pazienti che presentavano contemporaneamente una restrizione della mobilità dei livelli cervicali C3-C4-C5 e una restrizione della mobilità del diaframma (fig 1).

Come risultato dei test osteopatici, sette partecipanti sono stati esclusi perché presentavano una sola una restrizione di mobilità sulle due unità funzionali (o rachide cervicale o diaframma).

Un sorteggio casuale ha permesso di creare tre gruppi; il gruppo Diaframma composto da 11 partecipanti, il gruppo Cervicale con 8 partecipanti e il gruppo di Controllo con 6 partecipanti (fig 1).

Sperimentazione

Lo studio si è svolto da metà ottobre a fine febbraio 2017-2018. La presa in carico dei partecipanti ha permesso di raccogliere le misurazioni ed effettuare i test e le tecniche osteopatiche.
I test volti a valutare la mobilità delle cervicali e del diaframma sono stati realizzati in cieco dai quattro osteopati. Ogni partecipante è stato valutato prima e dopo il trattamento dallo stesso osteopata. L’osteopata che aveva fatto i test non era presente durante il trattamento che è stato assegnato in modo casuale e realizzato da un allievo osteopata. Al termine del trattamento sono stati ripetuti gli stessi test di prima della presa in carico. Per finire, l’allievo osteopata ha eseguito una seconda volta le misurazioni seguendo la stessa procedura iniziale.

Ai partecipanti al gruppo Diaframma è stata effettuato un lift del diaframma: i pazienti del gruppo Cervicali hanno beneficiato di una tecnica di energia muscolare eseguita sul livello della restrizione di mobilità.

I pazienti del gruppo Controllo non hanno ricevuto alcun trattamento (stessa posizione dei pazienti trattati e mani solo appoggiate sul paziente).

Misurazioni

Le misure delle ampiezze cervicali, del perimetro toracico e dei volumi respiratori sono state fatte all’inizio e alla fine del trattamento.

Tutte le misurazioni sono state eseguite dagli allievi osteopati seguendo rigorosamente i metodi descritti su ogni strumento di misurazione (fig 2)

Uno spirometro Piko 6 Nspire è stato utilizzato per misurare il volume di aria espirato all’inizio (VEMS1) e dopo sei secondi (VEMS6) allo scopo di valutare il rapporto VEMS1/VEMS6
(fig. 2A). I soggetti erano posizionati in piedi e con una molletta sul naso, tenevano l’apparecchio in mano in posizione verticale senza trattenere l’aria. Soffiavano quindi nell’imbuto e l’apparecchio emetteva un segnale acustico che segnalava ai soggetti il momento in cui potevano fermarsi (dopo circa sei secondi).

Il perimetro toracico è stato misurato con un metro a nastro posizionato a livello della xifoide (riferimento segnato con una matita dermografica per eseguire correttamente anche la seconda misurazione): il pz inspirava al massimo della sua capacità e poi bloccava la respirazione per permettere di rilevare la misura in millimetri (fig.2B).

Per valutare la mobilità cervicale è stato utilizzato un goniometro di Rippstein fissato a una imbracatura elastica regolabile sulla testa del paziente (fig.2C). Tra una misura e l’altra il paziente tornava in posizione neutra fissando un punto di repere preventivamente situato di fronte a lui. Si sono potute così confrontare le ampiezze in gradi prima e dopo il trattamento.

Le misure dell’ampiezza delle cervicali, del perimetro toracico e dei volumi respiratori sono state eseguite prima della presa in carico e venti minuti dopo dallo stesso operatore per il gruppo Controllo per valutare la riproducibilità della misurazione.

Per valutare l’impatto del trattamento del diaframma sulla mobilità cervicale, le misure dell’ampiezza delle cervicali prima e dopo il trattamento è stata eseguita dai partecipanti al gruppo Diaframma. Per valutare l’impatto del trattamento cervicale sulla mobilità diaframmatica, il perimetro toracico e i volumi respiratori sono stati eseguiti prima e dopo il trattamento dai partecipanti al gruppo Cervicali.

Risultati

Influenza dei test osteopatici sulla mobilità diaframmatica e cervicale (Gruppo di Controllo)

I partecipanti al gruppo di Controllo non hanno ricevuto alcun trattamento osteopatico ma hanno solo subito i test osteopatici sul diaframma e sulle cervicali. I risultati ottenuti non hanno evidenziato variazioni significative delle misure effettuate prima e dopo.

I test osteopatici hanno mostrato che nel 67% (per le cervicali) e nell’83% (per il diaframma) dei casi, non vi è stato alcun cambiamento tra il primo e il secondo test realizzato (fig 4) : non si sono modificate (p > 0,01) le misure della spirometria, del perimetro toracico e la mobilità cervicale .

Influenza del trattamento del diaframma sulla mobilità delle cervicali (Gruppo Diaframma)

I partecipanti a questo gruppo (A) hanno ricevuto un trattamento osteopatico a livello del diaframma.

I risultati (fig5) mostrano un miglioramento della mobilità nell’82% dei casi con un miglioramento della mobilità delle cervicali per il 55% tra di loro. Per il 18% dei partecipanti non ci sono stati cambiamenti con il trattamento.

Nelle misure effettuate con il goniometro si è osservato un guadagno di ampiezza dei parametri di flessione/estensione e di inclinazione (rispettivamente p=0,02 e p <0,01) (Tab II).

Le misurazione ottenute sono state confrontate con quelle del gruppo di Controllo. Il confronto intergruppo delle seconda misurazione ha mostrato una significatività (p<0,01) sul parametro flessione/estensione ma non sul parametro di inclinazione ( p=0,12).

Influenza del trattamento delle cervicali sulla mobilità diaframmatica (gruppo Cervicali)

I partecipanti del gruppo B sono stati sottoposti a tecniche sulle cervicali C3 e/o C4 e/o C5.

I risultati hanno mostrato (fig 6) che vi è stato un miglioramento della mobilità in tutti i partecipanti ma nel 37% dei casi il miglioramento è stato parziale.

Le misurazioni del rapporto VEMS1/VEMS6 non hanno evidenziato miglioramenti significativi tra le due misure (p=0,16). Il perimetro del torace non si è modificato e non si è osservato nessun effetto dopo il trattamento osteopatico (p=0,19) TAb III

Discussione

I risultati del campione preso in considerazione dimostrano che il trattamento del diaframma potrebbe avere un impatto sulla mobilità delle cervicali.

Da questo punto di vista sembrerebbe esserci una relazione reciproca tra queste strutture con un legame possibile che le unisce; il n. frenico. Secondo la teoria neurologica di Korr e Denslow “la lesione di una delle strutture in relazione tra loro tramite fibre nervose può causare una reazione riflessa locale o a distanza, che può provocare non solo un danno o un dolore, [….] ma nello stesso tempo modificazione negli organi innervati” (18).

A partire da questa teoria, una ipotesi di spiegazione sarebbe che una restrizione di mobilità cervicale C3/C4/C5 potrebbe portare ad una perturbazione a livello dei metameri midollari corrispondenti attraverso un meccanismo di facilitazione midollare: così, un aumento dell’attività neuronale attraverso le corna anteriori del midollo (via motoneuroni alfa e gamma) potrebbe alterare il funzionamento e l’attività muscolare del diaframma attraverso il n. frenico.

Il contrario sarebbe ugualmente possibile e quindi nel caso in cui il diaframma sia in disfunzione si verrebbero a creare delle perturbazioni attraverso i suoi propriocettori, fusi neuromuscolari e organi tendinei di Golgi che Korr considerati molto importanti.

In effetti questi recettori sono sensibili alla tensione, all’allungamento e alla posizione e rappresenterebbero la sorgente principale di influsso afferente del corpo.
I lavori di Korr e Denslow hanno messo proprio i propriocettori al centro della discussione, mentre Van Buskirk ha incriminato piuttosto i nocicettori (19).

In effetti esistono più strutture attorno a una vertebra cervicale che possono veicolare informazioni nocicettive e perturbare tutto il metamero; le articolazioni interapofisarie posteriori e la loro capsula, i muscoli interspinosi e la muscolatura posteriore, la radice nervosa emergente, i legamenti interspinosi, i legamenti longitudinale anteriore e posteriore, il disco intervertebrale.

Il diaframma riceve un’innervazione sensitiva attraverso le sierose che lo ricoprono e questa innervazione sensitiva conduce principalmente l’informazione nocicettiva, il che potrebbe coincidere con la teoria di Buskirk.

In ogni caso, dal punto di vista anatomico, gli stretti legami che legano il diaframma alle cervicali potrebbero portare una spiegazione supplementare al problema sollevato in questo lavoro. Esistono sicuramente più fasce che connettono le cervicali al diaframma (aponevrosi cervicale media, fascia endotoracica etc.): una formazione legamentosa inoltre si stacca dalla aponevrosi cervicale profonda sino a T4 in direzione del pericardio (legamenti vertebro- pericardici), creando un ulteriore legame tra cervicali e diaframma attraverso il pericardio (che aderisce saldamente al diaframma attraverso i legamenti frenico-pericardici). Questo legame
rientra più globalmente nella composizione del tendine centrale.

Più autori ipotizzano che “grazie a tutta questa struttura aponevrotica, fasciale e legamentosa, il centro tendineo del diaframma si ritrova come sospeso alla base del cranio e alla colonna cervico-dorsale”(22,23).

Da qui l’importanza delle tecniche osteopatiche su questi tessuti fasciali (24).

In questo studio vi sono alcuni limiti da prendere in considerazione, a partire dagli strumenti di misura utilizzati (goniometro, metro a nastro, spirometria), al fatto che le tecniche osteopatiche siano state realizzate da allievi osteopati del quinto anno, al fatto che il diaframma sia esposto a perturbazioni provenienti da molte altre strutture (ATM, base del cranio, mediastino, rachide toraco-

lombare , visceri, etc.) che possono portare numerose distorsioni supplementari. La posizione della mandibola, per esempio, può essere un fattore importante da prendere in considerazione nella valutazione della mobilità delle cervicali e può influenzarne i gradi di mobilità.

Interessarsi a questo tipo di interrelazione significa anche avvicinarsi al concetto dell’osteopatia; la globalità e la ricerca dell’origine di un dolore o di una perdita di mobilità.
Questo studio potrebbe portare anche a una riflessione sull’efficacia delle tecniche funzionali utilizzate in osteopatia sul rachide cervicale (36). In effetti, esse fanno intervenire la respirazione, con fasi di apnea, il che è spesso invocato come efficace sulla restrizione di mobilità delle cervicali ma senza prove scientifiche attualmente documentate.

Le prospettive di questo studio erano di studiare la prevalenza e la copresenza di restrizioni di mobilità in un campione rappresentativo con l’utilizzo di mezzi di misurazione innovativi.

Vari dispositivi di analisi dell’ampiezza della mobilità cervicale sono stati utilizzati e potranno essere strumenti complementari nei prossimi lavori di ricerca; la radiografia combinata a un’analisi 3D (37) e/o i sistemi di analisi 3D del movimento (38). Una delle ricerche che si sta sviluppando è quella di utilizzare un modello muscolo-scheletrico allo scopo di registrare la cinematica articolare del rachide cervicale e così accedere a delle variabili non misurabili (lunghezza muscolare, forza muscolare) in condizioni di pratica reale: queste tecniche applicate alla ricerca osteopatica potrebbero valutare l’impatto del trattamento con più precisione (42).

Conclusioni

Alla luce dei legami funzionali tra diaframma e cervicali, si può pensare all’esistenza di una possibile interrelazione. I risultati della sperimentazione mostrano che il trattamento del diaframma sembrerebbe avere un impatto sulla mobilità delle vertebre cervicali, anche se il 18% dei partecipanti presentava ancora disfunzioni dopo il trattamento. Anche il trattamento delle vertebre cervicali sembra avere un impatto sulla mobilità del diaframma, anche se per il 37% dei partecipanti la liberazione è stata parziale.

Questo studio non permette di definire se l’interrelazione tra cervicali e diaframma si situi unicamente su un legame neurologico (n.frenico) o un legame anatomico (legamenti, muscoli, fasce, etc.) ma costituisce un punto di partenza per studi futuri sui meccanismi neurologici, biologici e fisiologici messi in gioco durante un trattamento osteopatico con l’uso di metodologie e strumenti sempre più innovativi (sistema optoelettronico, tecniche di imaging, modellizzazione muscolo-scheletrica, etc).

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