Prof. Nicola Montano – Università degli Studi di Milano, dal seminario “Attualità sul Sistema Nervoso Autonomo: dal laboratorio sperimentale alle applicazioni cliniche“ – Parma, maggio 2018.
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Che cosa si intende per variabilità della frequenza cardiaca (HRV)?
Il concetto di variabilità cardiaca su “Scientific American” nel 1990 viene definito dal Dott. Goldberger come la base del concetto di salute. La variabilità, è un concetto fondamentale in biologia, poiché esprime la capacità di variare, di adattarsi di un sistema rispetto a un altro, nel caso specifico di quello cardiaco e la si può considerare a tutti gli effetti come un marker dello stato di salute di un individuo.
Altro concetto fondamentale è quello del Sistema Nervoso Autonomo (SNA) che si può considerare come “un’interfaccia” tra la mente (cervello) e i visceri. Il SNA, in effetti, è paragonabile ad un network in grado di avere una specializzazione, maggiore rispetto al SNC, che si basa sul fatto che c’è un’innervazione diversa in termini percentuali degli organi effettori, ma il codice neurale rimane il medesimo.
Qual è la rilevanza clinica della variabilità della frequenza cardiaca?
I primi a segnalare l’importanza clinica della variabilità della frequenza cardiaca furono i due ginecologi Dott. Hon e Dott. Lee nel 1964, i quali si resero conto che la sofferenza fetale è caratterizzata da una diminuzione della variabilità della frequenza cardiaca.
Successivamente, nel 1987, un gruppo di cardiologi effettua uno studio su pazienti affetti da infarto miocardico; ciò che emerge dopo un tracciato ECG di 3 minuti circa e dopo una valutazione della variabilità è che i soggetti con una variabilità che si aggira attorno ai 50/100 ms hanno una probabilità di sopravvivenza doppia, rispetto ai soggetti che presentano valori inferiori ai 50 ms.
Si può affermare pertanto, che la variabilità della frequenza cardiaca è in grado di fornirci informazioni riguardo la patologia. Infatti, è da considerare come una “finestra” che mostra il funzionamento dei meccanismi regolatori a livello del SNA.
Si prenda ad esempio il cuore; normalmente il sistema cardiovascolare ha una frequenza cardiaca ed una pressione che sono regolati da fibre simpatiche e da fibre vagali. Questa regolazione avviene a livello cerebrale e, di conseguenza, una stimolazione sul sistema simpatico provoca un aumento di frequenza cardiaca e di pressione e viceversa.
Il SNA inoltre è fondamentale nel modulare la risposta infiammatoria. Recentemente, infatti, è stato pubblicato un articolo su “Nature” dove si sostiene che la stimolazione vagale sia in grado di ridurre l’infiammazione e che, per contro, l’attivazione simpatica la aumenta.
Altre ricerche, in seguito, hanno dimostrato che esiste una relazione molto forte anche con la risposta immunitaria.
Un altro dato molto importante in clinica consiste nella consapevolezza che ogni terapia, trattamento o situazione che aumenta la stimolazione del sistema simpatico fa si che aumenti il rischio di contrarre una patologia cardiovascolare. Viceversa, tutti gli stimoli che aumentano la modulazione del sistema vagale, lo riduce.
Attualmente non esistono farmaci in grado di aumentare l’attività vagale ed è per questo che devono essere applicate altre metodiche di trattamento per ripristinare l’equilibrio del SNA. Questo equilibrio si basa su tre pilastri della prevenzione medica: esercizio fisico, sonno e alimentazione.
La fisiologia della variabilità della frequenza cardiaca
Da un esperimento condotto dal Prof. Montano si evince che misurando l’attività di fibre simpatiche dirette al cuore il numero di spike durante il ciclo cardiaco ha un ritmo che si presenta uguale al pattern dell’attività del sistema nervoso autonomo.
In seguito, in un altro studio è stato valutato un gruppo di neuroni del nucleo ventrale-posteriore del talamo, con lo scopo di individuare la relazione tra il ritmo presente a livello dei visceri e la codificazione a livello di questi neuroni che portano informazione sensoriali. L’ipotesi è che questi ritmi sono presenti nel talamo e quindi nel SNC e sono quelli che in situazione di allerta danno un aumento della propriocezione viscerale. Ciò sta a significare che nel nostro cervello sono contenute le informazioni circa lo stato di salute dei nostri visceri.
Da questi studi si può determinare che il sistema nervoso autonomo quindi, funziona con dei ritmi ben precisi che sono in grado di stabilire il funzionamento del nostro organismo e si può quindi definire come stress, una condizione in cui i ritmi vengono alterati a causa di un’iperattivazione del sistema simpatico con conseguente diminuzione della variabilità della frequenza cardiaca.